Sembra impossibile, ma Katie Holmes è riuscita nel difficile tentativo di scrollarsi di dosso un ruolo assolutamente riconoscibile come quello della perfetta e razionale Joey in Dawson’s Creek per acquistare una personalità attoriale ben precisa. E se il suo presunto rapporto con Tom Cruise e la partecipazione ad un film di botteghino come Batman Begins l’ha aiutata ad avere ben altra visibilità, un piccolo progetto cinematografico costato solamente 300 mila dollari e girato in 16 giorni le ha regalato l’opportunità di mostrare una capacità interpretativa lucida e matura, per non parlare di un trasformismo inaspettato. Certo molto del merito è da attribuire a Peter Edges, sceneggiatore di successo (suoi sono gli script di About a Boy e Buon compleanno Mr. Grape) che ha deciso di esordire dietro la macchina da presa con una storia semplice e senza pretese sull’umana necessità di costruire ricordi per riuscire a trovare il coraggio di vivere e morire allo stesso tempo. Schegge di April è una commedia dal retrogusto amaro così ben costruita e gestita nel ritmo, nelle azioni e nella caratterizzazione dei personaggi da conquistare a poco a poco abbattendo qualsiasi preconcetto iniziale e far perdonare alcune ingenuità registiche dovute alle necessità di un low budget. La vicenda ruota intorno all’eccentrica e capricciosa April (volubile ed incerta proprio come il mese di Aprile) fanatica del piercing e della vita scombinata che, nel momento in cui viene a sapere della malattia della madre (il cancro) con la quale ha un rapporto conflittuale, decide di recuperare il tempo perduto e di regalare alla sua famiglia un ricordo piacevole e dolce organizzando un pranzo per il giorno del Ringraziamento.

Da questo evento in parte biografico, Peter Edges prende spunto, da maestro della scrittura qual’è, per creare una commedia degli imprevisti. Un forno che si guasta accidentalmente dà inizio ad un viaggio multirazziale tra tutti gli inquilini del palazzo, un evento che si pone come escamotage narrativo attraverso il quale si tratteggiano con accentuata ironia personaggi unici nel loro genere, ritratti dalla forza comica inaspettata come quello di alcune vicine turbate dalla possibilità di cuocere qualche cosa “che una volta aveva sentimenti”, e cinesi del tutto ignari dell’esistenza della festa del Ringraziamento. A far da cornice a questo mondo scombinato arriva la famiglia di April, capeggiata da una donna che, per quanto indebolita e consumata dal male, affronta la vita con rabbiosa ironia, un ruolo così ben definito da valere a Patricia Clarkson una nomination come miglior attrice non protagonista. Questi dunque i pregi di una sceneggiatura ben curata e costruita con sapienza a cui Edges ha abbinato una regia per certi versi immatura (è stato girato totalmente in digitale con telecamera a mano e sfruttando la luce naturale), che però si è abbinata perfettamente con l’atmosfera della storia. Infatti le immagini traballanti da film amatoriale e l’utilizzo di stopframe pongono l’attenzione sull’aspetto emozionale dell’intera vicenda, esaltandone proprio l’intima scoperta di come si ama e cosa potrebbe accadere se non lo facessimo.

di Tiziana Morganti