Azione-reazione, causa/effetto: un gioco di dualismi che regola inevitabilmente le nostre esistenze. Greg Marks, regista 27enne del Massachussets, ne vuole dare un divertente compendio nel suo lungometraggio di esordio, da lui scritto e diretto, e già vincitore di un premio al Festival del Cinema Fantastico di Sitges. Quella linea molto sottile che divide un film come Ore 11:14 – Destino fatale dal baratro dell’assurdo, è in realtà il suo filo conduttore. La sua veste grottesca nasconde una scientifica concezione probabilistica e una quantomai beffarda critica sociale. Tutto ciò unitamente ad una “sporca” ripresa fotografica, giocata su di un fantomatico chiaro/scuro, lo rende una pellicola che non può non destare la curiosità degli spettatori e una riflessione a posteriori che arriva puntuale come le lancette di un orologio. Le vite dei protagonisti, tra cui troviamo Patrick Swayze, l’adorabile Rachel Leigh Cook e, l’ormai grandicello Elliott di E.T., Henry Thomas, vengono sconvolte da una serie di tragici eventi che avvengono tutti incredibilmente allo scoccare delle 11:14 di sera, tutti provocati da distrazioni e meschinità: due incidenti stradali a poca distanza l’uno dall’altro verranno dunque scomposti e ri-visti da molteplici punti di osservazione, con una sorta di “autoreverse” in cui le azioni e le reazioni assumeranno via via un senso.
Come il titolo lascia intuire, il vero protagonista di questo film è il tempo, un elemento ‘super-partes’ che beffa chi è distratto dal suo illusorio movimento, ed è esso stesso beffato da un regista che lo riutilizza a suo piacimento (come anche altri del resto ma in diversi contesti, uno per tutti Sliding Doors). La principale abilità di questo giovane e promettente regista è dunque quella di sviare l’attenzione dello spettatore verso l’inevitabilità degli eventi e nel continuare a suscitare attenzione verso una storia di cui già si conosce l’epilogo. In una forma di pseudo-gioco al massacro, e di sadica presa di coscienza, accade in Destino fatale, che la nostra considerazione dei personaggi transita da un primo compatimento ad un sempre crescente compiacimento dell’accaduto. C’è una sottile quanto malefica linea tematica, che si aggroviglia soprattutto attorno ai personaggi di Patrick Swayze e Rachel Leigh Cook, i primi ad essere compatiti, ma i primi anche a venire screditati agli occhi dell’incredulo spettatore. Un film che gioca quindi sugli “scherzi del destino” (è proprio il caso di dirlo) e sui diversi punti di osservazione di una stessa vicenda. La proiezione di questo film è finita alle 11:12 minuti, non mi ritengo superstizioso, ma prima di attraversare la strada vi confido che ho aspettato le 11:20.
di Alessio Sperati