“Non c’è bisogno di vivere tra i monti o essere di sinistra, basta buon senso per creare un modello familiare basato su valori come onestà, curiosità, dialogo”. Lo sostiene Viggo Mortensen presentando col regista Matt Ross alla Festa del cinema di Roma  Captain Fantastic,  nelle sale dal 7 dicembre con Good Films.
Un esilarante e poetico road movie, ben scritto e magnificamente interpretato, vincitore a Cannes come miglior regia e premio del pubblico romano di Alice nella Città, in cui l’attore si cala nei panni di un padre fuori dal tempo che vive con i sei figli adolescenti in una foresta del Nord America, tra tende indiane e capanni tra gli alberi, cacciando selvaggina a mani nude, senza fucili e senza alcuna quotidiana comodità.
Circondati però da valanghe di libri, sostituti della normale scuola disertata dai ragazzi, che però dimostrano di saperla molto più lunga dei loro coetanei cittadini.Alla morte della mamma, malata da tempo e tornata dai suoi in città per le cure, dovranno fare i conti con i nonni, benestanti conservatori e ben integrati nella società, che disprezzano questo loro vivere da “selvaggi”.
Un viaggio che costringerà tutti a cambiare.

Una pellicola difficile da girare con un budget limitato, location impegnative e orari ridotti di riprese per i minorenni,  che rispecchia l’esperienza vissuta da Ross negli anni Ottanta quando viveva con la madre in una comune dell’Oregon. “Non volevo parlasse dell’isolamento – sottolinea il regista -, ma dei valori da tramandare ai figli”.
Il cinquantottenne attore statunitense, ex Signore degli anelli, leggendo la sceneggiatura è stato colpito dal percorso emotivo del protagonista e dalle sue reazioni. “Pensavo a un personaggio dei fumetti – racconta Viggo -, a una sorta di super eroe ma non è così, ci sono tante sorprese nella narrazione di questa famiglia alternativa. Nel finale lui non scende a compromessi, non subisce le influenze culturali della società, porta i figli in un ambiente dove possano interagire con i coetanei. Il loro percorso è compiuto”.

Prima di girare hanno provato a lungo per prepararsi a fondo, per conoscersi. “Siamo diventati come una vera famiglia”, confessa l’attore. Anche lui da sempre un po’ “isolato” dallo star system hollywoodiano. “Non ho mai avuto una filosofia precisa al riguardo – racconta -, non penso al budget di un film voglio far parte di storie che io stesso vorrei vedere al cinema. In questa non ci sono cattivi o buoni, lui è contro l’intolleranza ma si comporta da dittatore, mi piacciono le contraddizioni e qui ce ne sono tante”.
Qualche elemento in comune con questo padre se lo riconosce: “Mi piace la sua flessibilità, essere onesto con mio figlio, a parte qualche piccola bugia per non fargli male – ammette -. Mio padre mi insegnava a essere in sintonia con la natura e questo mi ha avvantaggiato nel capire il punto di vista del personaggio, il mio compito di attore era amarlo”.
Non ama invece l’attuale affannosa corsa alla Casa Bianca: “Sembra un brutto film – si sfoga -, è deprimente che uno dei candidati alla Presidenza sia sessista, razzista, privo di qualifiche e sembri uscito da un reality show. Che lo si possa votare è sconcertante”.