Oggi manca il confronto, il movimento, ci stiamo chiudendo, abbrutendo. Ne è convinto Mario Martone che per il suo film Capri-Revolution, nelle sale dal 30 dicembre, sviscera  vicende umane e spirituali incrociandole con la storia. Uno stupendo affresco storico-politico, che racconta il passato mettendo a fuoco il presente, che non lancia messaggi ma pone domande, ambientato nell’isola partenopea nel 1914, alle soglie della prima guerra mondiale. La giovane capraia analfabeta Lucia (Marianna Fontana) s’imbatte nella comune di hippie ante litteram guidata da Seybu (Reinout Scholten van Aschat), personaggio di fantasia ispirato al pittore tedesco Karl Diefenbach, che tra musica, danze, profonde riflessioni, le aprirà l’anima e la mente, rinnegata per questo dalla famiglia maschilista e conservatrice, frenata dal giovane medico condotto (Antonio Folletto) col quale lei, il guru e la comunità apriranno un intenso dibattito esistenziale.

Partendo da questo fatto storico, insieme alla compagna cosceneggiatrice Ippolita di Majo, il regista napoletano (che tornerà a breve sul set con Toni Servillo per girare Qui rido io su Eduardo Scarpetta) mette a confronto le esperienze di questi mondi così diversi, le fonde e le confonde, invitando a riflettere su temi di grande attualità come il nostro rapporto con la natura, con l’economia, con la scienza, con la non violenza, anche sugli animali. Una sorta di viaggio nel tempo che dovrebbe aiutarci a comprendere il nostro presente, appiattito su conflitti, schematismi rigidi, muri, a cui manca quella profondità che il passato può invece aiutare a ricreare.
Il film nasce dopo un lungo lavoro di preparazione che lo ha reso estremamente curato in ogni dettaglio, dalla splendida fotografia, alla musica suggestiva, alla danza, agli scorci dei paesaggi giocati sui chiaroscuri che offuscano e illuminano i movimenti di corpi e anime messi impietosamente ma molto poeticamente a nudo.
Martone sostiene l’idea di arte come sentire comune, come grande processo collettivo, difende la sala cinematografica che significa incontro, movimento, che dà energia, ci rende vivi in questo mondo irrigidito. Un accorato invito a recuperare il confronto, la dialettica.