Inaugurata la mostra all’Ara Pacis di Roma, visitabile fino al 6 gennaio

Nella solenne cornice del Museo dell’Ara Pacis di Roma si celebra mezzo secolo di cinema italiano. Al meno attento visitatore (certamente non romano e non addetto ai lavori) può sembrare la solita, ben nutrita, mostra di locandine, disegni e filmati su pellicole e protagonisti che hanno reso famosa nel mondo la “Dolce Vita” di celluloide. Come potrebbe immaginare che il sonoro che lo accompagna nel suggestivo percorso espositivo sia proprio il battito del cuore dell’uomo che, per oltre mezzo secolo, proprio a questa arte ha dedicato il suo cuore: Enrico Lucherini. Che festeggia i suoi splendidi ottant’anni con l’amore della sua vita: il cinema.

La mostra (aperta al pubblico fino al 6 gennaio) e il corposo catalogo magnificamente illustrato che l’accompagna, sono il regalo che il Comune di Roma ha voluto offrire all’uomo che ha portato in Italia la figura del press agent, inventando anche i falsi scoop. «Facendo della bugia il proprio cavallo di battaglia», tanto che la parola “lucherinate” ha trovato casa persino nella Treccani. Il titolo di mostra e libro non poteva perciò che portare il suo nome, seguito dal suggerimento-imperativo: Purché se ne parli. Dietro le quinte di 50 anni di cinema italiano.

Quelli da lui vissuti in prima persona, promuovendo da allora ben 830 film e una miriade di star nostrane, con intelligente fantasia e provocatoria ironia, con mezzi per quei tempi poco ortodossi, “purché se ne parli”. A cominciare dal 1958, dal suo primo film da ‘addetto stampa’, La notte brava di Mauro Bolognini, quando buttò in acqua le protagoniste Rosanna Schiaffino, Elsa Martinelli, Antonella Lualdi, Mylène Demongeot, che così finirono sulle pagine di tutti i giornali.

Una mostra costata al curatore Claudio Canova dieci mesi di lavoro, battendo a tappeto gli archivi dei grandi editori per reperire immagini. Per Nunzio Bertolani (che oltre al ‘battito cardiaco’ ha escogitato suggestioni olfattive facendo insufflare l’odore di legno delle sale cinematografice degli anni ’70) il filo rosso che lega la mostra è l’agenda di Lucherini del ’48, illustrata da un Enrico sedicenne, mirabile esempio di pop art.

A guidarci nel percorso espositivo è lo stesso Enrico che, con la verve di un ventenne, ma con la voce che ad ogni passo tradisce emozione, racconta aneddoti, situazioni buffe, ridando vita a ogni locandina, foto di scena, ritaglio di giornale, vignette, disegni, lettere. «Il libro è pop come la mia vita, che lo è stata tanto» dice. «4 volte venti, è meglio che 80» suggerisce a chi deve far riferimento alla sua età. «Mi emoziona moltissimo vedere anche solo un terzo di quello che ho fatto. I tavoli dei caffè di via Veneto – ricorda – sono stati la mia prima scrivania. Allora c’era più voglia di fare, di stare insieme, oggi non ci si diverte più. Il cinema italiano è diventato troppo piccolo. Dove stanno i Mastroianni, le Loren, i Volontè, le Cardinale? Allora produttori e registi facevano scrivere parti speciali per le loro mogli, amanti. Oggi ci sono attrici brave ma non c’è più chi le fa diventare ‘divine’».

Ha deciso che è arrivato il momento di dire basta col cinema. «Continuo con la fiction perché è più calma – annuncia -, c’è più tempo per le strategie. Ho lavorato coi più grandi, li ho seguiti per tanti anni, ora voglio inventare un nuovo lavoro, che ha già successo negli Usa ma qui ancora non c’è».