Il film di Pablo Lorrain in sala dal 9 maggio

Una campagna pubblicitaria per liberarsi dalla dittatura. Il Cile nel 1988 mandò a casa il presidente Pinochet, costretto a indire un referendum per restare alla guida del paese. Per convincere la gente a votare No e liberarsi dall’oppressore, il giovane e arguto pubblicitario René Saavedra puntò su spot audaci e innovativi che, al grido “Cile, torna l’allegria”, sottovalutati dai politici al potere, influenzarono  il voto della popolazione.

A raccontare quella storia lontana, ma per certi versi attualissima, anche per noi, è il regista trentasettenne cileno Pablo Lorrain con il film NO. I giorni dell’arcobaleno, nelle sale dal 9 maggio, tratto dall’opera teatrale The Referendum di Antonio Skarmeta. Nei panni del creativo René Saavedra un convincente Gael Garcia Bernal, affiancato da Alfredo Castro, Luis Gnecco, Antonia Zegerz. Lorrain ha girato con macchine da presa analogiche, in formato 4:3,  per rendere le immagini realizzate oggi identiche a quelle degli anni ’80 prese dagli archivi.

Un film bello e incisivo, su cui riflettere anche riguardo al nostro presente, che chiude la trilogia sulla dittatura cilena con cui Lorrain ha rivisitato l’immaginario della violenza, la distruzione morale e la distorsione ideologica, per mettere in luce un’epoca. «Saavedra è figlio del sistema neoliberale che Pinochet  impose nel nostro paese – spiega il regista -, e lo sconfisse con gli stessi strumenti ideologici provenienti dalla dittatura, inventando una campagna piena di simboli e obiettivi politici che, apparentemente, erano solo parte di una strategia di comunicazione. La campagna per il No fu solo il primo passo verso il consolidamento del capitalismo come unico sistema possibile in Cile. Non è una metafora, è il capitalismo prodotto della pubblicità applicata alla politica».

«René rappresenta il risveglio politico di una persona apparentemente apolitica – spiega Bernal -. Il suo passaggio verso la maturità credo sia coerente negli esseri umani nel momento in cui capiscono che possono essi stessi cambiare le cose. La sua campagna pubblicitaria ha fatto ricorso all’ottimismo e alla felicità in un paese sommerso dal doloroso shock della sua recente politica». «Per cacciare Pinochet il nostro movimento doveva poggiarsi su un’ etica e un’estetica – racconta Eugenio Garzia, il vero Saavedra, ideatore di quella campagna per il referendum con un altro socio -. Il No era un’opzione aperta, la gente aveva paura di tornare a una dittatura più dura, la nostra campagna permise a tutti di sentirsi rappresentati».

Garzia era convinto che il nemico non si combatte con la demonizzazione ma superandolo. «Il No ha vinto con un messaggio di pacificazione – spiega -, l’etica del No è ben rappresentata nella scena molto forte che mostra un poliziotto in azione contro un contestatore. Una voce fuoricampo spiega che sono tutti e due cileni e non devono avere paura uno dell’altro. Un concetto allora veramente nuovo». La campagna per il No fu appoggiata da personaggi famosi dello spettacolo, della politica. Lo spot durava solo 15 minuti e andava in onda nella programmazione del governo che occupava tutte le altre fasce orarie.

«Uno spot con un messaggio di pacificazione, vincente ma non trionfalistico – dice ancora Garzia -. Abbiamo dovuto aspettare che Pinochet fosse catturato all’estero, molto tempo dopo le elezioni, ma da lì nacque davvero il futuro del nostro paese». E oggi? «Il futuro si sta facendo – spiega Garzia -, cambia continuamente . L’uscita di scena di Pinochet ha cambiato il nostro stato d’animo, fino allora torvo, cupo. Era un paese in guerra, iniziò da lì il lungo processo di riconciliazione. Lorrain è figlio di un senatore di Pinochet, eppure ha fatto questo film senza faziosità».