Un film non è mai un libro. Lo sostiene convinto il regista Roberto Faenzapresentando il suo I Viceré, prodotto da Jean Vigo con Rai Cinema e Rai Fiction che 01 distribuirà dal 9 novembre in oltre 120 sale e poi passerà in tv in due puntate su RaiUno, ma in versione riveduta e corretta per il piccolo schermo. Il film è infatti liberamente ispirato all’omonimo romanzo scritto nel 1894 da Federico De Roberto, un fiasco editoriale stroncato in seguito pure da Benedetto Croce, avversato dalla Chiesa, censurato per quasi un secolo ma fonte di ispirazione per Tomasi di Lampedusa che nel 1958 pubblicò Il Gattopardo. Ma si avvale di un eccellente cast in cui primeggia un eccezionale Lando Buzanca affiancato dai “figli” Alessandro Preziosi e Cristiana Capotondi, da Sebastiano Lo Monaco e Franco Branciaroli. Il preveggente scrittore siciliano oltre un secolo fa pronunciava davvero le frasi del film che, sottolinea Faenza all’inizio della pellicola, “ sembrano scritte oggi da un tribuno estremista o da un guitto irriverente”. Consalvo (Preziosi), il protagonista, chiede allo zio duca diventato deputato: “Voi siete di destra, no? Il Presidente del Consiglio non è di sinistra?” La risposta, come molti altri dialoghi riportati nella pellicola, è di un’attualità sconcertante: “..destra, sinistra, oggi non significano più niente! Di questi tempi tutto cambia talmente velocemente che non possiamo più stare appresso alle etichette”. Il romanzo racconta in modo velenoso e dissacrante l’aristocrazia dell’epoca attraverso gli Uzeda, numerosi componenti della superba e arrogante famiglia discendente dei viceré di Spagna, unita dalla sopraffazione, dal reciproco disprezzo, dall’odio, dall’avidità, dal trasformismo come mezzo per mantenere il potere. Il racconto comincia a metà dell’800, alla fine della dominazione borbonica in Sicilia, alla vigilia della nascita dello stato italiano e attraverso gli occhi di Consalvo bambino, l’ultimo erede degli Uzeda, si dipanano intrighi, misteri, emerge l’avidità dei protagonisti in lotta l’un contro l’altro per accaparrarsi la “roba”.

Spedito dal padre, l’avido, prevaricatore, superstizioso principe Giacomo (Buzzanca) in un convento benedettino dove regnano privazioni e corruzione (però appena accennate nel film) il giovane invece che “raddrizzarsi” ne uscirà ancor più ribelle, pronto al compromesso per impossessarsi anch’egli del potere. Faenza a differenza del libro ha voluto mettere l’accento soprattutto sulla negatività della famiglia: “Penso che sia l’alcova di tutti i mali – spiega -quando è l’esercizio del dominio”. Preziosisi augura che il film serva a riportare l’attenzione dei giovani su un romanzo sottovalutato nelle scuole. “Il film denuncia in modo inequivocabile il disagio creato in certe famiglie – sottolinea l’attore -. Oggi non è cambiato nulla, Consalvo per entrare in società cede ai compromessi. Se il libro fosse stato preso con la dovuta attenzione nelle scuole – sottolinea – forse oggi non si discuterebbe di qualunquismo, vivremmo la vita in modo più vero, risolutivo”. “Lo stato spende milioni di euro per educare i giovani a scuola – gli fa eco Faenza – e ancora di più per diseducarli la sera con la tv”. Il suo, spiega il regista, non è un film pessimista: “E’ un film positivo perché fa la radiografia di un corpo malato, è un gesto d’amore verso il mio paese”. “Cristiana Capotondi è la tenera Teresa costretta dal padre a sposare un giovane orrendo ma di famiglia potente. “Accetta il sacrificio per bontà – racconta – ma poi diventa complice del male. Spero che il film serva a ridare attenzione alle famiglie: se in esse ci sono certi germi del male la classe politica che ne deriva non può essere diversa”. Buzzanca all’inizio era spaventato dal personaggio: “avidità, superstizione, cultura dell’odio non fanno parte di me, mai fatto uno scongiuro in vita mia. A differenza del Gattopardo che è nostalgico, oleografico, I Viceréguarda dall’esterno con ferocia, cattiveria, con fare grottesco. Gli Uzeda sono una famiglia tarata, folle. Allora gli aristocratici non avevano la parola ma avevano il potere. Oggi il potere è nella parola!”

di Betty Giuliani