Il nuovo film di Paolo Virzì è in sala dall’11 ottobre

Virzì torna nelle sale con una storia d’amore cruda e tenera, tra due giovani assai diversi, che sembra indistruttibile, ma che rischierà di naufragare in malo modo per l’ostinata voglia di lei di avere un figlio. Per questo Guido e Antonia fanno l’amore Tutti i santi giorni, come titola il film liberamente ispirato al romanzo La Generazione di Simone Lenzi, nelle sale dall’11 ottobre, interpretato da Luca Marinelli e Federica Vittoria Caiozzo, in arte Tony.

Una coppia di periferia, lui timido e colto che sbarca il lunario come portiere di notte di un grande hotel, divorando i classici latini di cui è appassionato. Lei, aspirante cantante, impiegata di malavoglia in un autonoleggio di giorno, di sera protagonista inascoltata dei suoi brani in distratti e rumorosi pub. Virzì punta come sempre l’obiettivo sulle persone, per mettere in luce attraverso una narrazione semplice (forse troppo), la loro autenticità.

Un’operazione che stavolta risulta difficile anche per il bravo regista toscano, il cui sguardo ironico su un tema struggente come l’amore poco convince e poco avvincente. La storia dei due si sviluppa ai bordi di una metropoli complicata come Roma, in una delle tante anguste villette a schiera che ormai pullulano come funghi in periferia, con dei vicini di casa rozzi, allegri e disperati e due famiglie d’origine che non potrebbero essere più distanti.

«Nella volgarità di questo mondo – spiega Virzì – questo amore ha qualcosa di veramente autentico. E parlare d’amore non è mai facile, si rischia sempre di scivolare su fasullaggini e mielosaggini. Ho usato una narrazione semplice per mettere in evidenza l’autenticità del loro sentimento, per emozionare il pubblico». Nel film ci sono sullo sfondo temi come la fecondazione assistita, la  sottovalutazione dei giovani e un certo clima sociale.

«Ho iniziato la mia carriera raccontando la storia di una coppia senza figli  (La bella vita, 1994, ndr.) – ricorda il regista- , torno a farlo oggi. Non ho mai  permesso che i problemi di rilevanza giornalistica prendessero il  sopravvento sul mio vero interesse: le vicende umane. Anche se l’attualità, il lavoro precario, sono elementi che costruiscono il racconto, lo sfondo in cui i protagonisti si muovono. Nel gelo della società italiana ho voluto bene a questa coppia, ho passato due anni di vita per creare due persone che mi piacessero».

Una coppia verosimile nella realtà? «Lui è il più verosimile – risponde -. Siamo disabituati a percepire così certa realtà, una galleria di maschere grottesche viene raccontata ogni giorno. Nelle nostre periferie ce ne sono tante di coppie come quelle del film». La Roma del film è volgare, feroce. «Ci sono tante rome nel film – spiega – una tutta cupole, tradizionale, opulenta e incinta, una contemporanea, di periferia, raccontata con tenerezza. Non sono manicheo, è una città complessa da raccontare, ci ho girato due o tre film, mescola fascino e inquietudine».

Anche stavolta ha fatto centro nella scelta dei protagonisti. «Cercavo due giovani alle prime esperienze. Tony sembrava del tutto indifferente all’opportunità che le veniva offerta, recitava come se  il cinema non le interessasse affatto. Suonava in un piccolo pub di Livorno, scrive canzoni bellissime, le volevo nel film. Mi ha colpito il suo enorme talento, è spiritosa, ci ha portato la sua emotività. Luca è romano ma nel film fa il toscano, mi ha conquistato la sua finezza, la dolcezza. L’avevo visto ne La solitudine dei numeri primi di Costanzo e ne L’ultimo terrestre di GiPi, ma è a teatro, nella compagnia del grande Carlo Cecchi, che mi ha folgorato. È un trasformista, sarà uno dei protagonisti del prossimo cinema Italiano».