Cosa accadrebbe se, la notte della vigilia di Natale, tre senzatetto dovessero imbattersi in un neonato abbandonato tra i rifiuti? Satoshi Kon, già regista di Perfect Blue e Millennium Actress, confeziona il suo terzo lungometraggio d’animazione partendo proprio da questa inattesa scoperta e prendendo spunto da un western di John Ford del 1948 (In nome di Dio – 3 Godfathers). Muovendosi nella notte di Tokyo, magnificamente disegnata e gelidamente riscaldata dalle luci natalizie, i tre protagonisti – un travestito bigotto, un ex alcolista e giocatore d’azzardo ed una ragazza scappata di casa – cominceranno ad attraversare la città in lungo e in largo, alla ricerca della madre della creatura. Sarà proprio grazie alla bimba – e a questa spasmodica ricerca – che i tre reietti potranno riassaporare il prezioso dono della vita.

Superando non senza difficoltà le evidenti incomprensioni, Hana Gin e Miyuki uniranno le forze e riusciranno a riscattare le proprie esistenze. Buon ritmo, umorismo e commozione le armi vincenti di Kon, davvero bravo a trovare un equilibrio narrativo più che apprezzabile: procedendo verso il prevedibile lieto fine – che diventa però sintesi di un’espiazione raggiunta attraverso progressive catarsi e non ricattatoria conseguenza di dolorose nemesi – il regista nipponico si avvale di alcuni sottotesti accattivanti (come la sequenza dell’attentato durante una cena di gala) e scava nel passato dei tre protagonisti in maniera delicata e progressiva, consentendo allo spettatore di conoscerne, poco a poco, la storia e i dolori. Supportato dalle sonorità di Keiichi Suzuki (già apprezzato, recentemente, per le splendide musiche dell’ultimo lavoro di Kitano, Zatoichi) il film cala il sipario e i grattacieli di Tokyo iniziano a danzare, irresistibili, sulle note “rivisitate” dell’Inno alla gioia di Beethoven.

di Valerio Sammarco