L’omaggio di Depp all’amico Hunter Thompson

Johnny Depp torna sugli schermi con The Rum Diary – cronache di una passione diretto da Bruce Robinson (nelle sale dal 24 aprile con 01 Distribution) per rendere omaggio al suo amico scrittore Hunter S. Thomson, conosciuto come l’inventore del “gonzo journalism”, scomparso nel 2005. Appena lasciata l’Air Force e dopo aver lavorato come fattorino al Time Magazine, nel 1960 Thomson si trasferì a San Juan di Puerto Rico dove scrisse per la rivista El Sportivo, che però chiuse presto le pubblicazioni.

Cercò senza successo di farsi assumere al San Juan Star. Le persone che conobbe e le esperienze che visse a Puerto Rico lo spinsero a scrivere The Rum Diary, ma il libro non venne mai pubblicato. Solo negli anni ’90 Johnny Depp, molto legato a Hunter, scoprì casualmente il manoscritto durante una visita fatta all’amico nella sua casa di Woody Creek. Quella notte stessa i due decisero di pubblicare il romanzo e di farne un film. Depp convinse poi Bruce Robinson, regista di Shakespeare a colazione, a scrivere la sceneggiatura e a dirigere il film. La loro versione di The Rum Diary è un atto di affetto e un tributo intelligente a Thompson.

Il film  racconta la storia di Paul Kemp (Johnny Depp), un giornalista freelance bevitore a tempo pieno che si trasferisce a Puerto Rico per scrivere sul The San Juan Star, un quotidiano locale sull’orlo del fallimento. Al giornale Kemp incontra il fotografo Sala (Michael Rispoli) e i due diventano compagni di stanza e di sbronze. S’invaghisce della donna di un uomo d’affari ricco e corrotto, che lo salva dalla prigione e lo invita a scrivere articoli per sostenere i suoi progetti di speculazione edilizia. Gli presta donna e auto fiammante con la quale Paul scorrazza per quei paesaggi paradisiaci che vorrebbero trasformare in lussuoso villaggio turistico, spodestando gli abitanti locali. Dopo una notte di bagordi, tra droga e alcol, Paul si siede a scrivere l’articolo in cui denuncia corruzione e avidità.

«Sentivo Hunter con me durante le riprese. È stata una bellissima esperienza, sapevo perfettamente cosa avrebbe detto in ogni situazione, perché lo conoscevo molto bene. Se avesse visto il film finito si sarebbe messo a gridare in quel modo che tutti quelli che gli erano amici avevano già sentito, “Sì, ce l’abbiamo fatta! Fantastico!” Avrebbe festeggiato. Fondamentalmente il film è un tributo a Hunter, al suo linguaggio, alla sua voce. Sarebbe stato enormemente felice, ne sono sicuro».

The Rum Diary era stato dimenticato per anni da Thompson e se non fosse stato per Depp il romanzo non sarebbe mai stato pubblicato. «Mi ci sono imbattuto quasi per caso – ricorda Depp -. Ero con Hunter nel seminterrato della sua casa di Woody Creek, in quella che era chiamata la ‘stanza di guerra’, piena di scatoloni. Non sapevo cosa contenessero, così ho iniziato ad aprirli tutti e ad un certo punto è saltato fuori un manoscritto. Lui ha esclamato, “Oh Gesù, sì, l’ho scritto nel 1959”, ed io ho replicato “Cristo, leggiamolo, vediamo di cosa parla”. E così abbiamo iniziato a leggerlo. Hunter ha detto “Forse potrei pubblicarlo” e io sono stato d’accordo, “Sì, dovresti pubblicarlo, è magnifico”».

Prima ancora che Thompson desse alle stampe il libro, Depp aveva già in mente l’adattamento cinematografico. «Fin da quella (prima) conversazione – ricorda l’attore – dopo neppure 20 minuti stavamo già parlando dei diritti del film e di come avremmo potuto produrlo insieme. Bruce Robinson era sempre in qualche modo nella mia mente, l’ho proposto a Hunter e lui mi ha risposto “È perfetto”. Bruce si è allontanato dal libro, ma è quello che voleva fare Hunter, una volta mi disse che avrebbe voluto ambientare la storia a Cuba!».

«Ho conosciuto Johnny Depp a Londra circa vent’anni fa, in occasione del mio primo film, Shakespeare a colazione – ricorda Robinson -. In seguito mi ha inviato una copia di The Rum Diary e mi ha chiesto se ero interessato ad adattarlo in una sceneggiatura. Il mio approccio all’adattamento è stato assorbire il libro, poi riscriverlo – continua il regista – . In tutta la sceneggiatura ci sono solo tre battute scritte da Hunter. Non ho cercato di copiarlo, non sarebbe stato possibile perché lui è assolutamente unico. Ma fortunatamente ho scritto con il suo linguaggio».