Una grande fiaba romantica per raccontare una storia di ieri, una fiaba universale per sottolineare il diritto di tutti a perseguire i propri sogni al di là delle regole che la società ci impone. Questo è lo spirito con cui il regista Cristiano Bortone ha scritto Rosso Come il cielo, un poetico e tenerissimo film contro il pregiudizio, nelle sale dal 9 marzo. Ispirato alla storia vera di Mirco Mencacci, cieco a dieci anni per un incidente ma diventato con tenacia uno dei più bravi montatori del suono, il film si svolge all’inizio degli anni ‘70 quando i genitori di Mirco, dopo che una fucilata gli ha tolto la vista, per poterlo far continuare negli studi sono obbligati a rinchiuderlo in uno degli istituti per ciechi gestiti come lager da religiosi. A salvarlo dall’isolamento e dalla disperazione è la sua fervida fantasia e l’innata capacità di creare storie fatte solo di rumori. Malgrado l’ostilità del rettore Mirco trascina nell’avventura un nugolo di compagni con l’aiuto complice del maestro, don Giulio (Paolo Sassanelli, co-sceneggiatore del film con Bortone e Moniza Capelli), fa loro scoprire il cinema, risveglia i loro sogni, le loro potenzialità. Viene espulso dal collegio ma la protesta studentesca che in quegli anni infiamma le piazze riesce a mobilitare l’intera città, a farlo riammettere e a far rappresentare per i genitori riuniti per la consueta recita annuale la loro “favola sonora”. “Il film racconta in modo provocatorio la lotta tenace e avventurosa di questo ragazzino diventato cieco che cerca di riconquistare la propria dignità e dimostrare il suo talento in un mondo legato ancora ai vecchi preconcetti– spiega Bortone -. Gli educatori davano per scontato che quei ragazzi potessero fare solo lavori non qualificati come impagliatori di sedie, tessitori, centralinisti. I bambini invece si sentivano come gli altri e cercavano di conquistarsi il diritto alla normalità, poter fare le stesse cose dei bambini normali come giocare a pallone o andare in bicicletta. Il loro motto sembrava essere niente è impossibile”

Nel 1976 furono finalmente abolite le scuole per ciechi e i bambini inseriti nella scuola normale. Oggi Mirco ha 45 anni ed è uno dei sound designer di talento preferito da registi come Ozpetec e Giordana. “Mettendo sullo schermo i ricordi di chi ha vissuto quella condizione volevo raccontare questa sfida eccezionale – continua l’autore -, far scoprire le emozioni e gli stati d’animo di un mondo poco conosciuto dalla maggioranza di noi. Ma la lezione è ancor più ampia: ognuno nasce con le proprie difficoltà e il destino di un non vedente non è poi così diverso da quello di tutti noi. L’unica cosa importante nella vita è vivere con intensità senza rinunciare mai ad affermare la propria identità”. Lo dimostrano il gruppo di ragazzini non vedenti, rivelatisi dei veri e propri talenti, scelti dopo lunghe ricerche in varie parti d’Italia per interpretare gli amici di Mirco, il bravissimo Luca Capriotti, che insieme agli altri attori vedenti si è sottoposto a uno speciale training di un mese per prepararsi alla cecità. E proprio i bambini non vedenti hanno insegnato loro come mangiare, vestirsi, muoversi senza l’aiuto della vista. In tempi in cui gli ideali sembrano esser stati relegati in secondo piano, con i grossi poteri che comandano la società dei consumi, la globalizzazione e il malcostume diffuso, questo film delicato e commovente, mai triste o deprimente, ti carica di emozioni, di fiducia e lancia un messaggio sociale importante: “ciò in cui si crede davvero può dare un senso profondo a ogni vita – sostiene Bortone -. Bisogna far pensare le persone passando dal cuore”.

di Betty Giuliani