Otello è una grande metafora sull’esistenza dell’uomo e della sua identità. La denuncia di una condizione di fragilità che porta alla perdita di sé e non lascia scampo per nessuno. Ne è convinto Marco Carniti che ha adattato e dirige il dramma shakespeariano dal 20 luglio al 5 agosto al Globe Theatre di Villa Borghese a Roma. Il suggestivo teatro elisabettiano si adatta perfettamente a ricreare le atmosfere di una tragedia totalmente moderna che esplora un dramma  intimo, familiare. Una storia di violenza che si consuma tra le quattro mura di un ambiente domestico. Un dramma psicologico a tinte forti.
Maria Chiara Centorami è Desdemona, nei panni di Othello c’è Maurizio Donadoni, Gianluigi Fogacci è Iago. Emilia è Carlotta Proietti in scena con Gigi Palla, Massimo Nicolini, Antonella Civale, Nicola D’Eramo, Sebastian Gimelli Morosini, Tommaso Ramenghi, Diego Facciotti.

“Otello è un uomo profondamente solo, per  cultura e per educazione militare. Una macchina da guerra che di fronte ai sentimenti si autodistrugge. Tutto gerarchie e disciplina , vive in un mondo i cui sentimenti sono messi sotto processo – spiega il regista -. Otello ha un crollo d’identità. Identità politica e culturale. Otello è nero? Cosa significa per noi oggi ? Shakespeare parte da problematiche politiche e razziali per entrare nel labirinto della psicologia umana così da poter mettere luce sulla  vera natura dell’ anima. La parte  oscura, che distrugge l’essere umano da dentro. La parte che non segue la ragione e che lascia all’intuito e all’istinto la soluzione finale. La parte animale che uccide la ragione”.

Tutti siamo Otello, sostiene Carniti, il nero è in tutti noi. “Tutti siamo vittime di una parte oscura di noi stessi che ci rende vulnerabili e autodistruttivi facendoci  precipitare nel vuoto e nell’oscurità”.  Otello diventa vittima e complice al tempo stesso della sua autodistruzione seguendo un percorso  da lui stesso approvato. Un disegno di morte  improvvisato dalla  mente di un abile politico che vuole riconquistare la sua centralità agli occhi del mondo: Jago. Uno “schiavo” che, come in un perfetto ingranaggio ad orologeria, pianifica la sua ribellione politica e sociale, incurante  che la bomba da lui stesso costruita  gli possa esplodere tra le mani. “Come un kamikaze dei nostri giorni che con sapienza chirurgica trova e dilata una frattura, un vuoto, una debolezza, già esistenti in ognuno dei personaggi della tragedia , facendoli precipitare nel caos  politico e psicologico. Iago è la mente dell’opera e la macchina da lui costruita sarà un  percorso obbligato per tutti i protagonisti e  diventerà una trappola mortale anche per se stesso. Tutti sono marionette nelle mani di Iago e  trionfa il suo genio”.