Da Rin Tin Tin a Lassie, al più recente Beethoven, le quattro zampe all’ interno di storie per famiglie difficilmente sembrano aver fatto rimpiangere i produttori di avere investito i propri averi nella realizzazione dell’ opera in questione. Ora, la Twentieth Century Fox distribuisce nelle sale cinematografiche italiane Il mio amico a quattro zampe, tratto da Because of Winn-Dixie, elogiato romanzo di Kate DiCamillo, in cui la dodicenne Annasophia Robb, che vedremo anche in Charlie e la fabbrica di cioccolato di Tim Burton, veste i panni della piccola Opal, appena trasferitasi in una nuova cittadina insieme al padre, predicatore abbandonato dalla moglie e la cui devozione religiosa lo porta in parte a trascurare la figlia. Qui Opal si troverà ad adottare un cane randagio a cui dà il nome Winn-Dixie, proprio come il grande magazzino dove lo ha trovato, e tra loro s’instaura un legame talmente particolare da ravvivare gli abitanti del posto, tra poliziotti imbranati e presunte streghe di colore. «In generale, i miei film sono incentrati su qualcosa che manca nella vita, su luoghi vuoti che tentiamo di riempire. Sono sempre attratto dalle storie di persone che anelano un contatto profondo con gli altri, persone sole che combattono per trovare un senso di appartenenza. Nel caso di Opal, la ragazza ha vissuto l’inspiegabile perdita di un genitore. Il libro mi ha commosso in un modo che è difficile da descrivere. È pieno di umanità e la sua semplicità mi ha colpito profondamente».

Questa dichiarazione appartiene al regista Wayne Wang, il cui curriculum artistico comprende titoli del calibro di Il circolo della fortuna e della felicità (1993) e Un amore a 5 stelle (2002), probabilmente spinto ad occuparsi di una pellicola rivolta per lo più ai bambini a causa dell’improvvisa ed inaspettata morte del padre, tanto da asserire: «Il film mi ha aiutato a superare una fase molto penosa della vita. Peraltro, le difficoltà che ho sperimentato mi hanno aiutato ad assorbire gli aspetti più profondi del libro». Purtroppo, però, Il mio amico a quattro zampe, il cui produttore esecutivo è quel Ralph S. Singleton che, in fatto di animali su celluloide, diresse nel 1990 i ben più pericolosi ratti de La creatura del cimitero, tratto da Stephen King, oltre a presentarsi come l’ennesimo, scontato festival dei buoni sentimenti, soffre di ritmi terribilmente televisivi, penalizzato da una piatta regia, costruita quasi esclusivamente sull’alternarsi di inquadrature fisse, e dalla fotografia di Karl Walter Lindenlaub (Haunting – Presenze), la quale gli conferisce un look da telefilm americano anni Settanta, testimoniando più di ogni altro elemento che sarebbe stato più adatto per il piccolo schermo. Pur affrontando il ruolo del papà di Opal con la solita, indiscussa professionalità, Jeff Daniels risulta totalmente sprecato, e non basta la bella colonna sonora, costituita da orecchiabili hit, per poter consigliare la visione di un lungometraggio in cui, per di più, la voce narrante della bambina, a lungo andare, finisce per annoiare perfino gli spettatori più piccoli.

di Francesco Lomuscio