La fiaba di Cenerentola torna sul grande schermo con una rivisitazione tutta moderna sul mondo del pattinaggio e sui rapporti, ancora “conflittuali”, fra genitori e figli: il soggetto, tra le poche cose da salvare della pellicola, vede protagonista una ragazza amante della fisica e delle materie scientifiche che a seguito di un lavoro scolastico applicato allo sport troverà la sua vera strada non priva di ostacoli. Protagonista è l’ex Dawn della serie Buffy l’ammazzavampiriaffiancata dall’inedita partecipazione nelle vesti di mamma single, severa e dai rimpianti di gioventù, Joan Cusack opposta alla tenacia, al rigore e all’asprezza dell’altra figura materna, Kim Cattral, vecchia conoscenza del cinema anni Ottanta (la ricordiamo come compagna di Mahoney-Guttenberg nel primo capitolo di Scuola di Polizia) ostile nei confronti della sua bambina, infelice promessa dei pattini a lama. Un film per famiglie, avremmo scritto un tempo, incapace però di lasciare segni indelebili: certo non ci si poteva aspettare qualcosa di simile alla gradevolissima Freaky Friday perché questa è una vicenda diretta a suscitare emozioni e nulla più, di risate se ne fanno poche. La domanda allora sorge spontanea: dove sono finite tutte quelle preziose minuterie dense di ritmo, sorrisi e un pizzico di magia? I maggiolini matti, le formule per l’intelligenza e la forza, i viaggi nel tempo, gli spettri di pirati intrappolati in pentolacce o ancora spy story con felini in primo piano?

Probabilmente in soffitta assieme alle interpretazioni di validi attori o caratteristi e (Dean Jones sempre presente alla causa Disney) Kurt Russell con le scarpe da tennis in lotta contro lo strapotere criminale di Cesar Romero (il Joker della serie tv camp anni Sessanta) Fred McMurray, Dick Van Dyke e Angela Lansbury lontana dalle ombre gialle di Cabot Cove. Non c’è nulla di catastrofico in questa operazione, per carità, il film utilizza la classica equazione sempre valida, infarcendo la vicenda di piccoli drammi e attualizzandola con situazioni familiari e sentimentali più complesse (le figlie riflettono le occasioni mancate delle madri) e il tutto è condito da una colonna sonora fastidiosa e ridondante con in sottofondo icone della pop music da Michelle Branch a Jewel. Tuttavia qualche spunto interessante la commedia lo offre: una recente statistica ha rilevato quanto in America il pattinaggio artistico sia al secondo posto nelle preferenze degli sportivi, seguito solo dal football. Il regista del piccolo schermo Tim Fywell allestisce così uno spettacolo di modeste dimensioni incentrato su una disciplina sportiva aggraziata e nobile, mai vista fino ad ora, volto a mettere in luce la stella di Michelle Trachtenberg (la giovane attrice ha lavorato anche in opere importanti come Mysterious Skin di Gregg Araki) qui vera pattinatrice, affiancata dall’esperienza di due campioni olimpici in piccoli cammei. La sceneggiatura poi cerca di indagare sul rapporto fra talento e passione, ma non lo fa come dovrebbe, non scava in profondità e allora lo sforzo sembra essere vano. Un piccolo passo falso.

di Ilario Pieri