Questo, in sintesi, quello che emergeva dagli scritti di Andre Dubus. Questo, a grandi linee, quello che John Curran traspone con il suo ultimo lungometraggio, I giochi dei grandi, finito di girare nel 2003, sceneggiato da Larry Gross e basato proprio su due racconti di Dubus, We Don’t Live Here Anymore – titolo originale della pellicola – e Adultery. Due giovani coppie di amici, due matrimoni in crisi: Jack (Mark Ruffalo) e Terry (Laura Dern) hanno dimenticato la passione di un tempo. Hank (Peter Krause) – insegnante e collega di Jack, ossessionato dal desiderio di sfondare come scrittore – sembra non avere più attenzioni per la moglie Edith (Naomi Watts), a sua volta amica di Terry. Il gioco d’amore che inizierà fra Edith e Jack produrrà conseguenze inaspettate. Atmosfere rarefatte, montaggio vagamente destabilizzante (prestare attenzione, in tal senso, ad una delle sequenze iniziali, subito dopo che i due amanti fanno ritorno dal market) e un adeguato accompagnamento musicale (curato da Michael Convertino) divengono la cifra stilistica del lavoro di Curran.

Imperniato sull’intensa prova dei quattro interpreti – di contro ad una Naomi Watts più fascinosa (possibile?) che mai, stride forse un poco l’eccesso recitativo di Laura Dern – e sulla contraddizione insita nell’affannosa ricerca di amore e felicità, I giochi dei grandi – magari non del tutto risolto sul piano squisitamente emotivo – riesce comunque a centrare lo scopo: inquietudine e sensualità – l’erotismo espresso trova il suo più alto manifesto in quella splendida, rapidissima immagine della Watts maliziosamente coperta da un piccolo trifoglio – aleggiano invadendo la messa in scena, rimanendo poi ben impressi anche al termine della proiezione. Nulla di trascendentale, beninteso, ma ennesima conferma che si può fare buon cinema anche senza disporre di budget esagerati (fra i produttori anche gli stessi Mark Ruffalo e Naomi Watts).

di Valerio Sammarco