Vedere un buon thriller psicologico è sempre un piacere, soprattutto quando viene dalla Spagna che, specie negli ultimi anni, si sta imponendo sul mercato come unica concorrenza possibile all’Estremo Oriente. Hipnos racconta di una giovane psichiatra, Beatriz Vargas, interpretata dalla brava Cristina Brondo già vista ne L’appartamento spagnolo di Klapisch, assunta in una casa di cura dalle atmosfere a dir poco surreali e che ha più l’aspetto di una prigione di massima sicurezza che di una clinica. Qui Beatriz incontra una bambina che ha smesso di parlare dopo aver assistito al brutale omicidio della madre. La giovane dottoressa inizia a sperare di poterla aiutare, ma le speranze vengono vanificate dal ritrovamento della piccola con i polsi tagliati. In quel luogo molto poco rassicurante cresce in lei la consapevolezza di essere in grave pericolo di vita, ma anche delle difficoltà di un allontanamento. La forza e il fascino degli “psichothriller” spagnoli risiede in vari fattori: in primis l’origine letteraria del racconto, se Jaime Balaguerò traeva ispirazione dallo Stephen King britannico Ramsey Cambell, il regista David Carreras, per la sua terza esperienza cinematografica, dopo anni di tv, si affida all’omonimo romanzo di Javier Azpeitia.

Carreras, per creare le suggestive atmosfere di Hipnos si serve anche di un cast tecnico di tutto rispetto tra cui annoveriamo l’autore della fotografia “feticcio” del cinema spagnolo di genere, Xavi Gimenez, al suo diciannovesimo film dopo perle come L’uomo senza sonno e The Nameless. In gran parte suo è il merito della creazione di una location surreale, dalle stanze semioscurate e altre sovrailluminate, efficace allegoria “bifronte” di un percorso umano necessario, a tratti spaventoso, a tratti stimolante, ma unica speranza verso il superamento di una patologia (la fuga dalla clinica). Ben congegnati tutti gli elementi del film, dal cast tecnico/artistico, alle musiche di sottofondo, ai tempi cinematografici; forse troppo spiazzante il finale ma necessario a creare una certa ciclicità all’intera vicenda. Hipnos è un film che nasce con poche ambizioni ma che le acquisisce in corsa: dispiace che da noi sia arrivato solo due anni dopo la sua creazione, ma siamo pur certi che la Spagna si farà ancora portavoce di questo particolare genere che ha nel Festival di Sitges il suo tempio e in alcuni artisti specializzati i suoi baluardi. Complimenti.

di Alessio Sperati