Un personaggio scomodo, contraddittorio complesso come Gabriele d’Annunzio arriva dal 20 maggio in duecento sale col film Il cattivo poeta, scritto e diretto da Gianluca Jodice. Nei panni del Vate un impeccabile Sergio Castellitto affiancato da Francesco Patanè che interpreta il giovane federale mandato al suo fianco per controllarlo. Nel cast anche Tommaso Ragno, Clotilde Courau, Fausto Russo Alesi, Massimigliano Rossi, Elena Bucci, Lidiya Liberman, Janina Rudenska, Lino Musella. Un film storico ma col sapore di un thriller, prodotto da Matteo Rovere e Andrea Paris con Rai Cinema e partner francesi.  Un biopic sull’inverno della vita di un poeta, e di una nazione intera, che racconta l’ultimo anno del poeta abruzzese da un punto di vista particolare, quasi come fosse una storia di spie, basato però rigorosamente su fatti storici accertati.

Un film imperdibile, appassionante per chi vuole ripercorrere un capitolo importante della nostra recente storia e per i giovani che l’hanno studiata sbuffando a scuola. Interamente girato all’interno del suggestivo Vittoriale sul lago di Garda, l’imponente dimora dove d’Annunzio si auto esiliò per quindici anni, in netto disaccordo con l’imperante regime fascista. La sua età avanzata, i suoi malanni, i suoi vizi, lo portarono a una depressione finale. Solo il rapporto che verrà a instaurarsi con la giovane spia mandatagli lì da Mussolini, gli procureranno l’ultimo sussulto di vitalità e lo spingeranno a desiderare di contare ancora qualcosa in quella dimensione politica con i suoi torbidi movimenti.
Siamo nel 1936. Giovanni Comini (Patanè) appena promosso federale, il più giovane che l’Italia possa vantare, viene inviato da Achille Starace, segretario del Partito Fascista e numero due del regime, a sorvegliare Gabriele d’Annunzio per metterlo in condizione di non nuocere. Il poeta nazionale, negli ultimi tempi appare contrariato, e Mussolini teme possa danneggiare la sua imminente alleanza con la Germania di Hitler. Ma al Vittoriale, il disegno politico di cui Comini è solo un piccolo esecutore inizierà a perdere i suoi solidi contorni e il giovane federale, diviso tra la fedeltà al Partito e la fascinazione per il poeta, finirà per mettere in serio pericolo la sua lanciata carriera.

“Fu la prima rock star che muoveva le folle senza i social, mai raccontata al cinema – commentano i produttori, presentando il film a Roma con i protagonisti -. Una sfida per noi dare un punto di vista  diverso su un grande protagonista del ‘900, sganciarci dal contemporaneo con un film inattuale. Siamo un Paese fertile di storia e di storie che pescano nel passato. E’ importante ricordare un tessuto in cui siamo vissuti e vivremo”.
Castellitto si è rasato completamente il capo per identificarsi col personaggio, che ha arricchito con azzeccati, vari momenti di improvvisazione. “Un genio a 360 gradi, odiato dagli intellettuali del dopoguerra. Per la Morante era un cretino, Pasolini lo detestava, eppure era assimilabile a lui per rabbia, stile di vita, ci fanno riflettere sull’intelletto umano in un altro modo di pensare”.
Sarebbe stato impossibile fare il film fuori dal Vittoriale. “Tra gli oggetti a lui appartenuti, c’è la sua anima – sostiene convinto l’attore -. E’ una sorta di placenta, un luogo di archeologia che esprime il suo spirito, la sua potenza, bellicità, desiderio di vita e di morte. Sono passati cent’anni eppure ancora oggi crea polemiche. D’Annunzio ci dice qualcosa che è accaduto e cosa ancora no”.