Dov’è scritto che dobbiamo essere tutti vincenti? Dove inizia la maschera? Sono gli interrogativi che hanno spinto Silvio Muccino a tornare dopo quattro anni dietro e davanti la macchina da presa per raccontare nel film Le Leggi del desiderio uno dei recenti fenomeni esaltati da Internet: il life coach.
Protagonista della pellicola, prodotta da Marco Belardi con Medusa (che la distribuirà in 400 copie dal 26 febbraio), è infatti un carismatico trainer motivazionale (interpretato dallo stesso Muccino) che porterà in sei mesi tre dei suoi fan a realizzare i loro più segreti desideri, cambiando radicalmente la loro vita.

Buona l’idea di partenza, fornita da Carla Vangelista (che ne ha anche curato la sceneggiatura con Muccino), come pure la scelta dei protagonisti: Nicole Grimaudo per la classica amante del capo, fricchettona e sognatrice; Maurizio Mattioli, un sessantenne licenziato ma con tanta voglia di rimettersi in gioco nel lavoro e una strepitosa Carla Signoris nei panni della scialba segretaria di un vescovo, trasparente anche per i familiari, con un segreto: scrive romanzi porno che, ammette Muccino, ammiccano spudoratamente a 50 sfumature di grigio. Al loro fianco gli altrettanto bravi Luca Ward, Paola Tiziana Cruciani, Carlo Valli, Gianni Ferreri, Elda Alvigini, Bebo Storti.
Molto efficace la colonna sonora di Stefano Arnaldi con le canzoni originali di Peter Cincotti. Meno riuscito il film, che ondeggia continuamente tra qualche buona trovata e pesanti cali di tono, con un finale talmente scontato da vanificare l’originalità di alcune scene.

L’attore-regista ha scelto i toni della commedia romantica per parlare della dilagante ansia di visibilità, di diventare qualcuno, della crescente spaccatura tra vincenti e perdenti. “Sono arrivato a questa storia lentamente – ha raccontato Muccino presentando il film -. Un anno e mezzo fa io e Carla Vangelista stavamo lavorando a una storia sentimentale e ci mancava un aggancio alla realtà di oggi. Abbiamo scoperto su Internet Anthony Robbins, il trainer motivazionale di Bill Clinton e Donald Trump, era il figlio fortunato della crisi, uno di quelli che in questo momento di smarrimento fanno credere di avere la risposta in mano, docenti di una para scienza che studia chi ce l’ha fatta”.

Sono dunque partiti da questo personaggio e anche da una domanda: dove finisce la maschera e dove comincia la sincerità, la vita vera? “ In Italia ci sono tanti piccoli e grandi life coach che hanno sèguito sui social network – spiega Muccino -. La gente ha bisogno che qualcuno gli indichi la strada, Internet è il loro territorio. Volevo fare un film romantico, positivo, pieno di speranza, sull’accettazione delle proprie fragilità, che invogli a capire e amare i propri punti deboli. L’happy end è la mia realtà”.