Sulle carceri italiane c’è tanto da raccontare. Luca Zingaretti ne mostra un aspetto assai inquietante nel prison drama a tinte forti Il Re, diretto da Giuseppe Gagliardi in onda su Sky e in streaming su NOW dal 18 marzo. Dismessi i panni del rassicurante commissario Montalbano l’attore romano si cala perfettamente nel ruolo dell’ equivoco direttore di un carcere di frontiera dove la legge di Stato non esiste, è lui a dettare le regole alla sua discutibile maniera, affiancato da un ottimo cast con al centro Anna Bonaiuto, Isabella Ragonese, Giorgio Colangeli, Barbora Bobulova.  

Cosa succede quando un regno rischia di crollare davanti agli occhi del suo sovrano? Il Re racconta questo, attraverso una dura, accattivante spystory dai risvolti thriller in quattro puntate, girata negli istituti di pena dismessi di Civitavecchia e Torino, prodotta da Sky Studios con Lorenzo Mieli, Wildside e Zocotoco. Il regno è quello del San Michele, una sinistra fortezza sul mare, simbolo dell’autorità del suo padrone. Gli autori Stefano Bises, Peppe Fiore, Bernardo Pellegrini e Davide Serino hanno voluto mettere a fuoco lo stato di salute di una democrazia partendo da un oscuro duplice omicidio tra le sbarre per raccontare le dinamiche di un potere sopra le righe nelle mani manipolatrici di una sorta di dittatore dai mille chiaroscuri che ha perso la bussola, sta crollando ma vuole mantenere il dominio su quello che considera il suo indiscusso regno. La morte del comandante delle guardie carcerarie e suo amico, poi quello di un ergastolano suo principale alleato tra i detenuti, rischia di mettere a rischio il suo dominio e di portare alla luce il cancro che si annida nelle pieghe del regno: una potenziale minaccia per tutto l’Occidente.

“Le leggi sono leggi, non possono contemplare tutte le sfumature umane – racconta Zingaretti presentando il telefilm a Roma con il cast -. Il mio personaggio è attraversato da tanti conflitti, ha perso l’orientamento, si sostituisce ai giudici, decide come far scontare la pena ai detenuti, chi dietro le sbarre deve star bene e chi male. Il male è contagioso più del bene, è difficile restare impermeabili”.
Un personaggio odioso che serve a scrollargli di dosso l’immagine-santino del mitico commissario siciliano. “Sono due mondi diversi e non comparabili  – spiega -. Montalbano è una maschera creata da Camilleri per esporre la sua visione della vita, è il mondo delle favole, qui la storia è ancorata fortemente alla realtà. Quella è stata una lunga cavalcata spettacolare ma era il momento di archiviare quella esperienza, volevo indossare altre vesti”.

A dargli parecchio filo da torcere sarà il Pubblico Ministero impersonato da Anna Bonaiuto, una magistrato intelligente, cinica, scaltra, intenzionata a scoprire la verità, farà di tutto per incastrarlo. Isabella Ragonese è l’unica ufficiale donna del carcere, rigorosa, eticamente integerrima, combattuta tra il bene e il male, è da sempre critica verso i metodi del direttore. La magistrato crede di trovare in lei l’anello debole del sistema e cerca di portarla dalla sua parte. Bobulova è la carismatica funzionaria dei servizi segreti ex moglie del direttore, la sua bussola. Colangeli è il braccio destro del direttore e col suo tacito consenso ha gestito per anni il traffico dell’eroina in carcere.

Il carcere in Italia non è un argomento innocente, è una sorta di fronte emergenziale permanente che in un modo o nell’altro ha fatto sempre da specchio a tutte le fasi cruciali della storia del Paese. “Raccontarlo in maniera onesta – spiegano gli autori -implicava necessariamente il racconto della violenza, dell’abuso di potere, dell’integrazione interculturale, del discrimine sottile che esiste tra esercizio della pena e vendetta di Stato. Fermo restando che il nostro obiettivo era fare una serie di genere e non un racconto strettamente sociologico, fare una riflessione sui confini della giustizia, su quanto ci si può spingere oltre la linea d’ombra per realizzare quella giustizia fino in fondo, su quanto il bene e il male, dal punto di vista del potere, finiscano per implicarsi a vicenda”.