Puoi non essere un fan di Renato Zero ma non puoi perdere il suo Zerovskij, solo per amore un meraviglioso spettacolo a tutto tondo, che fonde musica, teatro, ballo, poesia, che arriva al cinema solo il 19,20 e 21 marzo su 300 schermi grazie a Lucky Red. Due ore e venti di pura magia, con un testo scritto a quattro mani col fedele Vincenzo Incenzo e brani cantati vecchi e nuovi, che cattura mente e sensi, facendo riflettere, come lui sa fare, sui temi portanti dell’esistenza umana come vita, morte, amore, odio, violenza, abbandono, malattia.
Registrato nella suggestiva cornice dell’Arena di Verona, lo show porta sul palco 120 persone tra attori, musicisti, ballerini, e altrettante persone indaffarate nel backstage. Lui, vate assoluto, tesse le fila affidando al canto le sue lezioni filosofiche, scomodo come sempre al potere, ma tanto importante per chi vuole sentirle e magari farne ragion di vita.

Il palco ospita la Stazione Terra, ultima frontiera possibile del nostro tempo. Dio medita sulla bellezza del suo disegno originario devastato dalla cupidigia dell’uomo. Treni e sogni partono e arrivano, Zerovskij è il capostazione, Adamo ed Eva sono fuggiaschi da secoli per colpa della “mela”, tutti i sentimenti sono in pericolo. Amore è ridotto su una sedia a rotelle deriso da Odio, Tempo è mai puntuale, Morte viene respinta dai capezzali di chi soffre e inutilmente la invoca, perché è negata l’eutanasia. Eva mostra le ferite mortali inferte alle donne da uomini violentatori. Con piccoli, sferzanti monologhi il barbone Gigi Proietti punta il dito contro chi ha ridotto l’uomo in miseria. Forse c’è una redenzione, o forse c’ è solo follia.

Renato ha voluto che la musica uscisse dallo spazio ristretto di una canzone, dalle playlist inchiodate, per regalare al pubblico qualcosa di più e dare a lui l’occasione di tornare ad essere l’imprevedibile sobillatore di coscienze, l’esagerato, il visionario. “Ho guadagnato una pizza e una birra ma è stata un’avventura meravigliosa- racconta il poeta cantautore romano presentando il film a Roma -, sono libero di decidere la mia vita professionale, arrivare alla gente senza ostacoli, sincero, un bel bilancio per i miei 67 anni”. Talvolta, ricorda, è andato in tv per rallegrare il suo pubblico, a fondo perduto. “Non puoi sempre batter cassa. Stavolta è valsa la pena lasciare qualcosa sul piatto in nome della qualità. Se vuoi fare nuove esperienze non puoi subire le pressioni del mercato, delle tendenze, il mio cambiamento spero venga accettato anche solo per il coraggio che ho di rischiare l’osso del collo e non vivere beato con i diritti d’autore della Siae. E’ una rivoluzione personale, non solo artistica”.

Non pensa sarebbe credibile con un film autobiografico. “Oggi tutti si mettono in piazza, ingigantendo i fatti, è tutto gonfiato come i seni rifatti, io invece tendo a ridimensionare le mie sofferenze, le mie solitudini, mi sono rotto i coglioni di lamentarmi” confessa senza peli sulla lingua.
Ma chi è Zerovskij? “Ci sono tanti capostazione come lui, non sono figli della politica, degli abusi e delle false identità da cabina elettorale – spiega -, lui è fisiologicamente anarchico, senza ammiccamenti o piaggerie. Per me è un modo per rivalutare le ombre e le incertezze di tanti che si fanno un mazzo così per difendere figli, famiglia, e devono essere liberati”.
Nello spettacolo annuncia la morte della cultura. “Bisogna invece rimetterla a tavola per nutrire cuore e cervello, la musica deve tornare subito nelle scuole”. La speranza? “Non la trovi nella cornetta del telefono, va chiamata in causa, è un traguardo. Come la libertà, quella vera sincera, bisogna parlarne con durezza”. Vorrebbe che Zerovskij non morisse qui. “Ho costretto la vita a sorridermi, l’Italia non è il paese meraviglioso che mi aspettavo di trovare a questa età, ma voglio continuare a lavorarci per migliorarla”.