La ricerca di autenticità nei rapporti con gli altri, la presenza di un Sud dell’Italia come spazio geografico e mentale influenzato dalla magia e dal fatalismo, sono i tratti stilistici del nuovo film di Sergio Rubini, L’amore ritorna, che nasce dalla collaborazione alla sceneggiatura tra il cineasta pugliese e Domenico Starnone, come era avvenuto in passato per i film L’anima gemellaTutto l’amore che c’è. Il dispositivo narrativo ruota attorno alla vita di un affermato attore di cinema, Luca Florio, interpretato da un bravissimo Fabrizio Bentivoglio, che durante le riprese di un film viene colto da un improvviso malore ai polmoni che lo costringerà ad allontanarsi dal set e a vivere in un letto d’ospedale, luogo “non luogo” dove sarà obbligato (data la quasi immobilità) ad ascoltare gli altri, a guardare i suoi amici, a partecipare alla loro vita e quella condizione di degenza diventa una postazione privilegiata per osservare la propria esistenza: il vecchio amore per la ex moglie (Margherita Buy) di cui ancora subisce il fascino ma che ha abbandonato perché sedotto dalla sensualità e dall’erotismo di Lena giovane ed eccentrica attricetta (Giovanna Mezzogiorno), l’amicizia nei confronti dei colleghi di lavoro e del vecchio amico d’infanzia Giacomo (un’altra prova di grande talento d’attore di Sergio Rubini che ci regala negli ultimi tempi dei personaggi strepitosi come nei film Amnesia e Mio cognato, in attesa di vederlo interpretare il ruolo di uno dei due ladroni crocefissi insieme a Gesù nel film evento dell’anno La Passione di Cristo di Mel Gibson), l’affetto per la famiglia e il recupero del rapporto con il padre (Alberto Rubini, padre del cineasta pugliese) che lo raggiunge a Milano. Una galleria di personaggi e situazioni di vita che costringeranno Luca Florio a riflettere sul proprio presente e passato, a fare i conti con la propria vita, un autoanalisi che pare dal vissuto degli altri per ritornare a sé: la scelta dell’attore come figura centrale attorno a cui ruota questa riflessione è spiegabile sia perché un attore meglio rappresenta la fragilità e la debolezza dell’uomo moderno, sempre diviso e scisso tra realtà e finzione, sempre ad inseguire i propri progetti e i propri sogni spesso a scapito della vita reale dimenticando proprio le persone più care; sia perché rappresenta il vissuto del regista, una rielaborazione artistica di un percorso autobiografico. La scelta del cast non è un caso perché il regista ha voluto i suoi migliori amici Fabrizio Bentivoglio, Margherita Buy (sua ex moglie) e la partecipazione del padre Alberto Rubini, prima partecipazione ad un film per un ferroviere in pensione. Dopo avere superato la malattia Luca Florio ritrova se stesso avendo imparato a capire le ragioni degli altri. Menzione speciale a Mariangela Melato che ci regala un piccolo ma sapiente cameo.

di Natalia Sangiorgi