«Ho immaginato il Pontefice su un autobus, in mezzo alla gente» ha detto Moretti presentando il film

«Faccio un film ogni…. morte di Papa». Lo dice scherzando Nanni Moretti che proprio con le immagini di repertorio del funerale di Giovanni Paolo II apre Habemus Papam, prodotto da Moretti con Domenico Procacci, dal 15 aprile in quasi 500 sale e a maggio alla riconquista dell’ambita Palma d’Oro al Festival di Cannes, già meritata dieci anni orsono con La stanza del figlio. A cinque anni dal Caimano il regista romano ha confezionato una sapiente commedia dai toni amari e surreali, che prende in giro la psicoanalisi e rende umane le rigide figure chiuse nelle stanze vaticane. Ma, soprattutto, mette in luce il senso di  inadeguatezza, che stavolta investe la più alta figura della chiesa cattolica. Un Papa appena eletto e già in crisi esistenziale, tanto da voler rinunciare a quella per lui troppo ingombrante investitura.

Negli scomodi panni del neo-pontefice un eccezionale Michel Piccoli mentre Moretti è lo psicanalista ateo chiamato in Vaticano per rinfrancarlo dopo una violenta crisi di panico che gli impedisce di affacciarsi al balcone per presentarsi ai fedeli assiepati in piazza San Pietro per conoscerlo. Una sola seduta, perché il pontefice riuscirà a svignarsela e girerà in incognito per i vicoli di Roma, trattorie, stanze d’albergo, una chiesa, un’altra psicanalista con pargoli al seguito (Margherita Buy, nel film ex-moglie di Moretti) che, ignara della sua vera identità, lo scorrazzerà in auto tra la scuola dei figli e il caffè con le amiche. Approdo finale un teatrino dove una compagnia sta mettendo in scena una commedia, suo antico sogno irrealizzato.

A restare invece ‘sequestrato’ in Vaticano sarà lo psicologo Moretti con tutti i membri del conclave, perché non trapeli nulla all’esterno. Per ammazzare la noia il terapeuta organizzerà partite a carte coi porporati, coinvolgendoli perfino in un torneo a squadre di pallavolo. Commovente il ritorno del fragile pontefice a “casa” che alla fine confessa la sua debolezza ai fedeli in piazza: «Sono stato scelto ma questo mi schiaccia e mi confonde. In questo momento la Chiesa ha bisogno di una guida che abbia per tutti capacità di comprensione. Ho capito di non essere in grado di sostenere il ruolo che mi è stato affidato». «Mi interessava raccontare la storia di un uomo fragile, che si sente inadeguato di fronte a un ruolo di così grande responsabilità, il suo tormento interiore», spiega il regista.

«Volevo vederlo su un autobus, in mezzo alla gente, tormentato. Mentre giravo il film sui giornali si parlava degli scandali che investivano la Chiesa, ma io volevo raccontare un’altra storia, quel senso di inadeguatezza che credo abbiano tutti i cardinali al momento in cui vengono eletti papi». Se a loro il film piacerà poco gli importa. «La sceneggiatura l’ho fatta leggere a monsignor Ravasi, ma il mio rapporto con loro si è esaurito qui.  Non sono interessato alle reazioni che il film avrà in quegli ambienti, non penso a nessun tipo di pubblico quando giro qualcosa». Moretti non ha avuto consulenti ecclesiastici ma con i suoi collaboratori ha consultato libri e visto documentari per rendere credibili i rituali del Conclave.

La cappella Sistina, la Sala regia e la facciata di San Pietro con il fatidico balcone sono state ricostruita a Cinecittà, altri esterni girati tra Villa Lante di Bagnaia, Villa Medici e Palazzo Farnese, sede dell’Ambasciata di Francia a Roma.