Il Grande Dittatore diventa musical. Il primo film parlato di Charlie Chaplin, da lui scritto, diretto e interpretato nel 1940, approda per la prima volta in teatro, all’ Eliseo di Roma, dal 16 febbraio al 6 marzo, interpretato da Tosca e Massimo Venturiello che ne cura anche la regia con Giuseppe Marini.
Dopo settant’anni è incredibile l’attualità di questa geniale e pungente satira antinazista, realizzata quando le armate del Terzo Reich avevano ormai soggiogato l’intera Europa.
Da allora il mondo è cambiato e anche il suo assetto politico, eppure la realtà contemporanea presenta strane e inquietanti analogie: una crisi economica che ricorda quella del ‘29, il crollo delle banche, l’inflazione, la disoccupazione e la depressione.

Una storia che ancora oggi è un vero e proprio inno alla libertà, all’amore e alla speranza, come esempio di coscienza impegnata, di denuncia politica e di condanna verso ogni forma di sopruso.
“Il nostro spettacolo sarà ‘altro’ rispetto alla versione cinematografica – spiega Venturiello (che ha il doppio ruolo del dittatore e del barbiere ebreo con Tosca nei panni di Anna) -. È invece fondamentale mantenere l’ironia, il sarcasmo e l’irresistibile comicità di un’opera in cui la musica, composta per l’occasione da Germano Mazzocchetti, e le parti cantate, impreziosite dalla presenza di un’artista come Tosca, saranno grandi protagonisti”.

“La Storia ci ha insegnato che ogni regime dittatoriale si avvale di una precisa e spiccata teatralità per imporsi e radicarsi – commenta Marini – e il capolavoro chapliniano vuole essere una profonda meditazione sulla connessione, sempre perniciosa, poco affidabile e oggi più che mai di incontrovertibile attualità, fra teatralità e politica”. Chaplin con il suo primo film parlato dà l’addio alla maschera di Charlot, parodizza l’aberrazione nazista mettendola in ridicolo. Nello stesso periodo l’avventura brechtiana produce Terrore e miseria del Terzo Reich e La resistibile ascesa di Arturo Ui. “II nesso tra Chaplin e Brecht – aggiunge Marini – troverà un riscontro in ambito registico nella realizzazione dello spettacolo che, come ogni trasposizione teatrale da un’opera cinematografica, ambisce ad essere altro rispetto all’originale. La musica di Mazzocchetti è brechtianamente quasi una drammaturgia parallela al testo parlato”.