Il rapporto ossessivo e vitale con la musica sono al centro di Carosello Carosone, diretto da Lucio Pellegrini, in onda in prima serata su Rai 1 il 18 marzo. Scritto da Giordano Meacci e Francesca Serafini, tratto dal libro Carosonissimo scritto da Federico Vacalebre, prodotto da Matteo Rovere e Sydney Sibilia con Rai Fiction, arricchito dalle musiche di Stefano Bollani, il film tv racconta l’ascesa ai vertici delle classifiche internazionali di Renato Carosone, il musicista italiano più famoso al mondo. Un racconto pieno di ritmo, un graffiante ritratto dell’epoca e una riflessione su come con passione, amore per la propria arte e tanta determinazione, si può far ballare tutto il mondo.

A vestire i panni del musicista napoletano il giovane Eduardo Scarpetta  con al  fianco Vincenzo Nemolato nel ruolo di Gegè Di Giacomo, il batterista-fantasista sempre al suo fianco e Ludovica Martino nel ruolo di Lita Levidi, la ballerina che il musicista conosce ad Asmara e che diventa sua moglie, adottandone il figlio illegittimo che amerà come suo.
“Per me napoletano Carosone è il Maradona della musica – dichiara il ventottenne Scarpetta, attore di teatro già di lungo corso ma alla sua prima prova da protagonista in un film e digiuno di musica-. Ho studiato per un mese e mezzo canto con il maestro Ciro Caravano (fondatore dei Neri per Caso), che è stato già mio insegnante al Centro Sperimentale – racconta -. Dovevo riuscire ad articolare le mani in maniera credibile. Lui era a Salerno, io a Napoli, per cui mi sono dovuto esercitare spesso a distanza, ho comprato per l’occasione una tastiera Yamaha da 450 euro, magari un giorno deciderò a imparare a suonare il pianoforte”.

Geniale, rivoluzionario, antidivo, sofisticato ma popolare, profondamente italiano. Dal 1937, anno in cui il giovane si diploma al conservatorio di Napoli, alla fine degli anni Cinquanta, quando non ancora quarantenne si ritira dalle scene nel momento di massimo successo, si alternano vicende avventurose, due guerre, diversi continenti, esperienze di vita che lo portano alla creazione di uno stile musicale innovativo, fatto di suggestioni africane, swing americano e profonde radici napoletane. La musica, la leggerezza e l’ironia di Carosone diventano la colonna sonora di un Paese che sta rinascendo dalle ceneri di una guerra sanguinosa.

“Dal primo giorno di riprese, ho sentito una perfetta assonanza tra questi lunghi mesi di pandemia, e gli anni dolorosi della storia che stavo raccontando – spiega Pellegrini -. Mi sembrava una bellissima sfida proporre oggi un’idea di rinascita basata sull’arte, il talento e il valore delle proprie radici. Ho provato a mettere in scena questa storia prendendo a prestito dal mio protagonista l’eclettismo e la dedizione al lavoro, il suo non prendersi troppo sul serio, e ho cercato di restituire l’umanità e lo stupore di un ragazzo alla scoperta della vita. Abbiamo usato accurati effetti digitali e reinterpretato le esibizioni musicali e teatrali di Carosone, che sono state il principale veicolo del suo successo”.

Stefano Bollani si è divertito ad incidere tante canzoni del repertorio di Carosone, si è inventato le sue brillanti composizioni giovanili, ha creato una colonna sonora molto ispirata, che accompagna il film. “Ero un bambino quando gli scrissi una lettera che spedii insieme a una cassettina dove avevo registrato le sue canzoni suonate e cantate da me, piccolo pianista in erba – ricorda-. Era il 1983 e la sua risposta, del tutto inaspettata, mi ha aperto un mondo nuovo: ‘Qualsiasi cosa tu voglia fare nel campo della musica, studia il Blues che è alla base di tutto’. E così ho fatto e mi ci sono immerso. Con le musiche che ho creato per questo film, ho voluto rendere omaggio a quel suo mondo a me tanto caro, a quel fermento culturale della sua Napoli degli anni ‘50, con quei colori e quei profumi che, in qualche modo, mi porto addosso da sempre. Ma se nella creazione della colonna sonora ci siamo concessi la possibilità di reinterpretare un mondo e delle atmosfere -continua il musicista -, all’interno del racconto siamo volutamente restati fedeli alle partiture, perché i brani di Carosone, i suoi arrangiamenti sono per me e per tutti dei piccoli gioielli intoccabili. Non serve aggiungere nulla, vanno suonati. Così come sono”.