Evidentemente ossessionato dal fantasma di Tim Burton, Christopher Nolan (Memento e Insomnia) si scrolla di dosso la sua scomoda e quantomai ingombrante eredità fuggendo come farebbe un figlio ribelle, da quella sua Gotham City gotica, lugubre, funerea, verso un luogo imprecisato del mondo, dove Wayne possa ottenere la sua formazione al di fuori della sua stessa identità (fare e non essere). Un’indagine aperta alla fantasia di chi la compie, visto che la storia dell’uomo pipistrello, iniziata nel maggio 1939 grazie alla matita di Bob Kane e poi perfezionata nel tempo, manca di un background ben definito. E allora spazio a méntori tibetani, sette segrete di ninja, all’affascinante personaggio di Lucius Fox (Morgan Freeman) preso in prestito alla mitologia bondiana e che ruba prototipi militari per conto di Wayne, e all’ennesima compagna di avventure dell’uomo pipistrello che questa volta è un’amica d’infanzia ed ha il volto di Katie Holmes a nostro avviso troppo fanciullesca per interpretare una coetanea di Bruce (anche se tra i due attori passano solo cinque anni, lei è ancora troppo vicina alla Joey di Dawson’s Creek) ed ancor meno una fredda procuratrice distrettuale con il pallino della giustizia. Nel film scopriamo le origini dei traumi infantili di Wayne: prima di assistere alla morte dei genitori, il piccolo Bruce è caduto in un pozzo ed è stato investito da una tempesta di pipistrelli. Spinto dal desiderio di onorare l’eredità di altruismo lasciata da papà Wayne e di arrivare a convivere con le proprie paure, Bruce parte da Gotham e gira il mondo in gran segreto, alla ricerca dei mezzi per essere un uomo migliore.

Arriviamo così alla Lega delle Ombre, capeggiata da un Liam Neeson sempre meno attore e sempre più maestro d’armi, un contesto affascinante dove Bruce avrà la sua formazione. Un preludio questo che esprime la vera e propria “fuga” stilistica dall’universo cinematografico di Batman, un trauma cinematografico (atto a spiegarne uno esistenziale), paragonabile solo all’ultimo Bond ne La morte può attendere, dove se ricordiamo l’agente 007, solitamente composto anche quando si getta con il paracadute, veniva condotto in prigionia, torturato e restituito con un look alla Robinson Crusoe. Da favola noir a critica all’industria bellica, la storia di Batman assume nuovi connotati e Gotham, simbolo della “City” per eccellenza, tanto evoluta quanto corrotta, si tramuta da pantheon di divinità dell’ombra a novella “metropolis” decadente. Per quanto riguarda poi il Bruce/Bale, i suoi drammi lo rendono così sottilmente infantile e compatibile da perdere fascino nei confronti del Bruce/Keaton. Laddove le fobie diventavano patologie insormontabili e dunque parte integrante del personaggio Batman, qui esse vengono superate grazie ad un training sia fisico che mentale: Batman diventa una macchina da guerra, un guerriero delle ombre, ma perde un po’ del suo fascino da psicotico. Nolan ha tuttavia intuito l’importanza di una psicologia contorta come il più importante degli accessori in dotazione all’uomo pipistrello, concentrando l’intera sceneggiatura sullo svelamento/superamento della paura.

La nascita di Batman coincide con l’identificazione delle paure inconsce di Wayne (i pipistrelli) e dei suoi sensi di colpa (la morte dei genitori). Compreso questo, si può lavorare sulla loro canalizzazione ad uso e consumo di un migliore rendimento sul campo. Stessa cosa che ritroviamo nel complotto del cattivo di turno, Scarecrow (Spaventapasseri), un medico folle che ha creato un gas in grado di incutere in chi lo inali incubi visivi di chiara efficacia (molto particolare la scena in cui la città intera viene contagiata e Batman viene visto dai più come una strana creatura volante che sputa fuoco). Il personaggio è interpretato magistralmente dal Cilliam Murphy di 28 giorni dopo ed è affiancato da altri villain di turno tra cui un mafioso (Tom Wilkinson) e un dirigente senza scrupoli (Rutger Hauer). Unica forma emulativa nei confronti del primo Batman forse il fatto di voler chiamare a sé il meglio che il palinsesto attoriale di Hollywood potesse offrire, ricevendo camei di prima qualità da Michael Caine e Morgan Freeman, un commissario Gordon straordinariamente eroico grazie a Gary Oldman e un Liam Neeson ancora in forma dopo gli allenamenti di Star Wars. Difficile dare una forma di giudizio che non possa che essere soggettiva, quindi ci limiteremo a dire che il film è registicamente impeccabile, gli effetti speciali sono di tutto rispetto, anche se la Batmobile non è più “Bat”, e il tutto fila liscio senza problemi rendendo tutto sommato piacevoli i suoi 134 minuti di durata.

di Alessio Sperati