Dal 21 febbraio nei cinema di tutta Italia 

«Tutti cerchiamo in qualche modo di imparare ad amare». Ne è convinto il regista Joe Wright che ha deciso di travasare in un film la potenza immortale del romanzo del russo Lev Tolstoj Anna Karenina. Il cinema torna dunque, finalmente, a far sognare, pescando a man bassa dai grandi classici della letteratura mondiale. Dopo l’ottima prova de I miserabili  è ora la volta del capolavoro russo, riadattato dalle sapienti mani di Wright e dello sceneggiatore Tom Stoppard (premio Oscar per Shakespeare in Love), intepretato da Keira Knightley, Jude Law, Aaron Taylor-Johnson, Kelly MacDonald, nelle nostre sale dal 21 febbraio con Universal.

Come non restare coinvolti da quest’antica ma sempre attuale, epica storia dell’amore impossibile tra una nobildonna sposata e un avvenente nobiluomo scapolo, che desterà scalpore nella bigotta Russia degli zar a fine ‘800. Aiutano a ricreare il sogno lo sfarzo dei costumi, le sfavillanti e sontuose dimore, i gran balli, i lussureggianti paesaggi, resi davvero magici dalla fotografia di Seamus McGarvey, dalla scenografia di Sarah Greenwood, dalle musiche Dario Marianelli, quasi tutti premiati o pluricandidati all’ Oscar.

Il film, che gioca abilmente tra la rappresentazione teatrale e il musical, fa tornare davvero indietro nel tempo, per lasciarsi catturare dagli intrecci amorosi delle nobili corti, le passioni e i drammi che segneranno la vita della bella e solare Anna (Keira Knightley), stancamente coniugata con il severo ministro Karenin (Jude Law) che trascura la famiglia per i troppi impegni politici. La sua pacata esistenza a san Pietroburgo sarà sconvolta dall’incontro sul treno per Mosca con l’ufficiale di cavalleria Vronsky (Aaron Taylor-Johnson). Ogni tentativo di sottrarsi al suo fascino sarà vano, i due diventeranno amanti, senza far nulla per celarlo al resto del mondo. A nulla varrà l’ultimatum dato da Karenin alla moglie, che fuggirà con l’amato rinunciando al suo onore, messa al bando senza pietà da una società ossessionata dall’apparenza e dal perbenismo, con conseguenze tragiche e romantiche che cambieranno la vita di tutti quelli che la circondano.

«La storia è ancora attuale – commenta keira Knightley – perché le persone vogliono ciò che non possono avere, si ribellano contro le regole e i tabù sociali e hanno ancora problemi a comunicare agli altri le proprie emozioni». «Il libro ha parlato direttamente al punto in cui mi trovavo nella vita – racconta Wright -, speri di essere come uno dei personaggi e ti rendi conto di essere stato come un altro, tutti perfettamente veri e spaventosamente simili. Tolstoj ha scritto il romanzo in modo che le emozioni fossero accessibili – continua il regista -, la sua analisi delle motivazioni dei personaggi è straordinaria e molto acuta. Per me ogni film è un’occasione per imparare. I fili narrativi che abbiamo scelto si attorcigliano in una sorta di doppia spirale creando un ritratto multistratificato di una comunità. In circa 130 pagine la sceneggiatura di Tom cattura l’essenza del romanzo senza compromettere né i personaggi né la storia, illuminando il tema dominante che corre per tutto il romanzo: l’amore in tutte le sue forme».

Stoppard ha visto tutti i film e le miniserie tratte dal libro. «Il libro è complesso e ampio, entrarci è stato faticosissimo – ammette il drammaturgo -. C’è amore, materno, filiale, carnale, amore per la Russia, l’amore è centrale nel libro e nel film. Ho deciso di non includere quelle parti del libro che parlano d’altro». Infatti il film salta a piè pari  l’ampio e dettagliato capitolo sulla rivoluzione e le motivazioni sociali che la scatenarono.

Per rappresentare i circoli rarefatti di San Pietroburgo e di Mosca dell’epoca in tutta la loro teatralità, Wright ha deciso di ambientare l’azione in un bel teatro in rovina, onnipresente nelle varie scene del film come metafora della corrosione della società russa. E in questo spazio teatrale prendono vita, come per magia, corse di cavalli, piste di pattinaggio, imponenti balli, paesaggi innevati, lussureggianti distese campestri. Perché un teatro? «Il cuore della storia è il cuore umano – spiega Wright -, sono affascinato da sempre da come funziona l’amore, dalle sue motivazioni e da quanto noi esseri umani siamo sinceri con le nostre emozioni».