di Fred Vargas, Einaudi, 2024.
Ci sono voluti sei anni perché l’archeologa Frédérique Audouin-Rouzeau (in arte Fred Vargas) ci regalasse una nuova avventura del commissario Jean-Baptiste Adamsberg, ambientata questa volta lontano dal suo distretto di Parigi, in un piccolo paesino della Bretagna. Sulla pietra è una maratona di delitti e indagini che parte dall’omicidio del corpulento guardacaccia Gaël Leuven, ucciso con due coltellate al torace. A Louviec conoscevano tutti quell’omone che non avrebbe fatto male a una mosca, compreso Josselin de Chateaubriand (forse discendente del più noto François-René Chateaubriand, politico e scrittore attivo nella prima metà dell”800), il “nobilastro” dall’abbigliamento eccentrico, diventato negli anni una delle attrattive del villaggio bretone e che adesso è il principale sospettato di un omicidio. Richiamato in Bretagna dal commissario locale, Adamsberg si addentra con sagacia nelle numerose ramificazioni del caso che prendono vita in quella piccola comunità dove sussistono leggende popolari, racconti di fantasmi, personaggi surreali e perfino un dolmen, antico monumento megalitico che unisce presente e passato, realtà e mistero.
Tutti gli indizi portano a lui, al raffinato Josselin, ma il commissario è così certo della sua innocenza che la prima parte della storia è incentrata sul gioco dei contrari. Gli indizi sono così schiaccianti che non può essere tutto così dannatamente banale: il romanzo finirebbe a pagina cinquanta. Già il punto di partenza è fiacco, ma a Vargas e al suo celebre commissario, presente in altri nove suoi romanzi, una chance bisogna darla. E si continua dunque a leggere più per fiducia che per coinvolgimento in quella che diventa, come detto, una maratona di omicidi, depistaggi, turni di guardia. Le poche pause nell’incedere dell’indagine rischiano di assuefare il lettore e una tensione sostenuta che diventa stucchevole nelle infinite 472 pagine di cui si compone il libro.
Mentre in altre opere di Vargas la prosa era di fatto scorrevole e accattivante, qui il linguaggio, i personaggi, i fatti, risultano spesso ridondanti, quasi a voler allungare il brodo. La narrazione è infarcita di dettagli superflui che non aggiungono nulla alla storia e, anzi, contribuiscono solo a confondere il lettore che non ha di certo le abilità percettive del leggendario commissario Adamsberg. Cosa centra il dolmen? È proprio lì che il commissario va a rilassarsi, a riflettere, rimuginare su crimini e misfatti.
Sulla pietra può essere letto senza conoscere gli altri polizieschi della Vargas, ma per i suoi seguaci potrebbe facilmente rivelarsi una delusione. Sarà che dopo sei anni di silenzio le aspettative salgono in maniera esponenziale, ma l’ultimo suo romanzo manca di quella scintilla che caratterizza i suoi lavori migliori, risultando un’opera che fatica a lasciare il segno.
Della stessa autrice Io sono il Tenebroso, Il morso della reclusa, Nei boschi eterni, Un luogo incerto, Tempi glaciali, Un po’ più in là sulla destra, Chi è morto alzi la mano, L’uomo dei cerchi azzurri, Parti in fretta e non tornare, L’uomo a rovescio, La cavalcata dei morti, Sotto i venti di Nettuno, L’umanità in pericolo, Prima di morire addio.