Vi siete mai chiesti se preferite il Pinot nero o il Cabernet? La domanda può sembrare ad alcuni futile o di poco conto ma la differenza é fondamentale perché nasconde la scelta tra due stili di vita completamente differenti. Chi sceglie il Pinot dimostra di preferire la sostanza meno evidente ma che solo lentamente emerge, col tempo, e, quindi, per questo é più apprezzabile. Almeno questa è la teoria sostenuta in Sideways, piccolo gioiello di comicità malinconica che il regista americano Alexander Payne (A proposito di Schimdt) offrirà al pubblico italiano dal 18 febbraio, quando il film uscirà nelle sale distribuito da Twentieth Century Fox. 
Inutile spiegare che il protagonista Miles (al secolo il bravo Paul Giamatti) si sente un Pinot, uno inizialmente incompreso ma di grande valore, una di quelle persone che sembrano destinate a percorrere solo quelle strade secondarie che danno il titolo alla pellicola. Miles è un insegnante di scuola media con un romanzo nel cassetto che non riesce a far pubblicare e il cuore ancora a pezzi (dopo due anni) a causa di un divorzio. Completamente diverso è il suo amico Jack (alias Thomas Haden Church), attore fallito di serie tv e pubblicità, che riesce a superare le delusioni della sua vita professionale lasciandosi andare ai piaceri del sesso. Quando i due decidono di passare la settimana prima del matrimonio di Jack in giro tra i vigneti e i bar della California, con tanto di degustazioni e incontri romantici, ne succedono davvero di tutti i colori.

Soprattutto ne viene fuori una commedia gradevole, a tratti esilarante e a tratti malinconica, solo frenata nella parte iniziale da qualche eccesso di pateticità e da momenti eccessivamente lenti, superati poi da un ritmo che rinasce via via nel secondo tempo. A rendere l’atmosfera “inebriante” sarà il vino, vero protagonista di questo road-movie. È infatti “il nettare degli dei” a fare da armonioso collante tra l’amarezza e l’umorismo grottesco, i due registri tra i quali la storia si dipana. Il vino è anzi qui la metafora dell’invito a godere fino i fondo tutti i momenti della vita, quelli positivi e quelli meno piacevoli. Sarà perché il vino stesso è una creatura vivente che, come gli esseri umani, con gli anni cambia, assumendo momento per momento un gusto diverso («se apri una bottiglia oggi assaporerai qualcosa di differente da quello che avresti bevuto sei mesi fa» dice la sommelier Maya), fino a raggiungere un apice dopo il quale comincia il suo lento declino. Naturalmente nel film si “degusta” quasi tutto il tempo. Si beve anche un vino di casa nostra, un Sassicaia dell’88 (del valore di 1.500 euro). Insomma, non rimarrete delusi da questa pellicola che, realizzata con un modesto budget e già apprezzata dai critici italiani all’ultimo Torino Film Festival, in America ha già ottenuto 7 candidature ai Golden Globe, 4 premi del sindacato attori americani e 5 riconoscimenti dai critici. Unica avvertenza: all’uscita dal cinema potreste sentirvi un po’ brilli…

di Patrizia Notarnicola