Chiedere ad un intellettuale polacco di dimenticare il passato politico in cui ha forgiato carattere e convinzioni è, di per sé, una aspettativa delusa in partenza. Le lotte compiute accanto al movimento di Solidarnosc per riacquistare la libertà di espressione sono rimaste negli animi dei combattenti come una cicatrice indelebile, il cui dolore sordo si risveglia improvviso di fronte ai dubbi ed alle cocenti delusioni rispetto ad un presente tanto agoniato eppure realizzato solo a metà. Ed è proprio questo sentore di amara delusione ed inevitabile sconforto che riecheggia in ogni prospettiva ed in ogni singola immagine dell’ultimo film di Zanussi. Non dimentico del suo passato cinematografico in cui il regista, accanto ad altri colleghi come Feliks Falk e Kieslowski, si interrogava sulla sopravvivenza morale dell’uomo di fronte al potere ed al compromesso, propone oggi la vicenda di un uomo il cui animo viene irrimediabilmente minato dalla dissoluzione del mondo in cui sperava e credeva. La Persona non grata è un piccolo ambasciatore polacco in Uruguay che, in seguito ad una sua sofferta vicenda personale (la morte dell’ amata moglie) vede disintegrare ogni suo equilibrio nella maniacale ricerca di un complotto inesistente.

Zbigniew Zapasiewicz veste con accuratezza e particolare sensibilità la sofferenza di una mente impegnata nel riportare in vita l’antagonismo con l’ex oppressore russo, eppure, nonostante l’inevitabile partecipazione nei confronti di un personaggio le cui reazioni non sempre sono codificabili e condivisibili, una certa freddezza “diplomatica” stempera la drammaticità della dissoluzione di un mondo interiore. Questa unione tra il dolore per una tragedia personale e le lotte burocratiche non si amalgama armoniosamemte gettando un’ ombra di incomprensione e difficoltà sull’intera opera. L’incontro – scontro con il passato personale e politico di Wiktor, attraverso il confronto con il russo Oleg, viene troppo spesso inframezzato ed interrotto dalla descrizione di beghe ministeriali che, oltre a spezzare il ritmo di una vicenda altrimenti intensa, rende il tentativo metaforico cercato da Zanussi sicuramente meno efficacie rispetto alle intenzioni iniziali. Difficile rintracciare tra le varie strade narrative il nucleo, l’essenza di una vicenda che si concentra nella pena e nella soffernza intima e privata. Una ricerca, questa, che richiede forse troppa pazienza ed una certa fiducia nelle capacità del regista.

di Tiziana Morganti