È arrivata l’estate nello Yorkshire. E due ragazze stanno per conoscersi. Mona (Natalie Press), a bordo di un motorino senza motore, e Tamsin (Emily Blunt), in sella ad un elegante cavallo bianco, incroceranno le loro esistenze nella torrida e noiosa evoluzione di una stagione. Rossa e popolana una, mora e aristocratica l’altra. Sorella di un ex criminale, ora fervente cattolico (Paddy Considine), Mona è imprigionata nelle quattro mura di un pub ora adibito a luogo di incontri meditativi. Mentre Tamsin, tediata nella sua casa castello, è in cerca di svaghi e complicità. Si troveranno, si ameranno, si perderanno, Mona e Tamsin. Accecata dal luciferino fascino della nuova amica – contraltare dell’affannoso bigottismo fraterno – la ribelle (ma pura) Mona si lascerà inebriare d’amore. E ogni racconto, ogni tassello di una crescente intimità (i tradimenti del padre, la morte per anoressia della sorella…) diverranno arma impropria con cui Tamsin plagerà il suo “passatempo” estivo, strumento di passione bruciante e finito.

Basato sul romanzo omonimo di Helen Cross, My Summer of Love di Pawel Pawlikowski – al secondo lungometraggio dopo Last Resort (2000) – è un anomalo racconto di formazione che, appoggiandosi sulla duplice e ugualmente fallace ricerca d’amore e fede, trova nei tre protagonisti il suo massimo splendore. Le due ragazze, quasi esordienti ispirate e diversamente bellissime (Natalie Press dal fascino acerbamente sommesso, Emily Blunt già sbocciata nella sua conturbante femminilità), straripano dallo schermo, mentre Paddy Considine – già coprotagonista in Last Resort – incarna violentemente la disperata trafila del “cristiano rinato”, sinceramente predisposto ad una nuova vita, miseramente schiavo di antiche e incancellabili ossessioni. La regia di Pawlikowski, ancora una volta oltremodo asservita a frenetici movimenti di macchina, non regala particolari guizzi. Eccezion fatta per un richiamo in dirittura d’arrivo, quando ritroviamo Mona (come nei titoli di testa) impegnata in un rabbioso ritratto dell’amata/amica sulla parete della sua stanza. Menzione speciale alla colonna sonora, con il main theme affidato alla superba Lovely Head dei Goldfrapp e tante altre perle, tra cui La Foule di Edith Piaf.

di Valerio Sammarco