Difficile ingabbiare La ragazza del lago in un genere cinematografico preciso. La ragazza del lago è forse un giallo, la giovane del titolo trovata morta sulle sponde di un piccolo lago di montagna dà il via alle indagini per trovare il colpevole. La ragazza del lago non disdegna punte thriller (horror?), all’inizio una bimba cade nelle grinfie di un uomo che pare il ritratto del perfetto pedofilo, ma che invece è solo il sempliciotto del villaggio. La ragazza del lago è a tratti commedia, strepitoso Toni Servillo nei panni del detective meridionale in trasferta nella quieta cittadina del nord dove tutti si conoscono. Servillo è capace di regalare gustosi momenti di ironia e comicità che alleggeriscono i temi trattati. La ragazza del lago è senz’altro un dramma, non c’è solo una vittima senza carnefice ma un lutto familiare insostenibile (la morte di un bambino di tre anni) e l’incomunicabilità tra il detective e sua figlia, tra il detective e la moglie malata di Alzheimer che riconosce in lui non più il marito ma ora un fratello ora uno sconosciuto sulla panchina a cui sorridere indifferente. Il lato drammatico e tragico del film prevale su ogni altro. Fin da subito è chiaro che non sarà poi così importante trovare l’assassino, piuttosto risolvere le catastrofiche vite personali dei protagonisti. L’incomunicabilità, si diceva, è la principale chiave di lettura del film. Le difficoltà relazionali tra i personaggi e tra i personaggi e l’ambiente circostante sono evidenziate in ogni fotogramma, e nonostante questo la narrazione procede fluida e senza intoppi.

I rapporti tra i personaggi e le loro psicologie sono più importanti del resto, della storia stessa. C’è un omicidio, eppure non c’è la necessità di sbattere il mostro in prima pagina, l’assassino non è un mostro ma addirittura una persona caritatevole che voleva bene alla sua vittima. E così i sospetti cadono prima sul fidanzato, poi sul padre. L’urgenza dei personaggi più che ritrovare se stessi dopo i traumi subiti è raccogliere i cocci dopo gli eventi traumatici subiti. Il forte contrasto tra il sud, sboccato e immediato, e il nord, silenzioso e velato, porterà alla conclusione, forse un po’ banale ma certo non consolatoria, che tutto il mondo è paese, e che le sofferenze, quelle più atroci, somigliano tanto alla dea bendata, e non guardano se sei un ricco imprenditore o un detective un po’ sfigato tanto abile nelle indagini lavorative quanto incapace di capire sua figlia. La ragazza del lago è anche una pellicola ben girata che risolleva un po’ le sorti del cinema italiano, ormai troppo “fictionizzato”. Questo è un buon esempio di cinema esportabile, una di quelle storie universali e non tipicamente italiane come tante, troppe, se ne sono viste da ormai. La ragazza del lago è un prodotto non rovinato dalla tv, un prodotto da sala cinematografica. Finalmente.

di Claudia Lobina