Strepitoso film di attori Palabras encadenadas, diretto dalla regista Laura Mañá; solo quattro gli interpreti in scena, due set, la casa bunker e il commissariato. Un’opera che prende il meglio, ma anche alcuni difetti dalla sua provenienza teatrale (è tratto da una pièce di Jordi Galceran): testo imbastito di fitti dialoghi che pone in gioco la psicologia dei due personaggi principali, un professore universitario che rapisce e tiene prigioniera la sua ex-moglie psichiatra, in un crescendo di claustrofobia e di paura reale. La trama è un puzzle intelligente: Ramon si presenta dalla prima sequenza come un serial killer, poi mischia le carte e diventa a sua volta vittima di una madre possessiva e maldicente, che gli ha messo contro l’amata Laura, con cui gioca al gatto con il topo, attraverso uno stupido rompicapo per bambini (la spunta chi incatena la sillaba finale di una parola con un’altra che comincia con la stessa). La donna sa i punti deboli dell’uomo, ma non è consapevole della violenza che ha maturato nel frattempo. Attraverso vari flashback che aiutano a smaltire il corrosivo gioco verbale tra i due scopriamo come Ramon sia diabolico e fragile, astuto e perverso e i cambiamenti di prospettiva nella parte finale, dopo l’interrogatorio maldestro dei due poliziotti, danno il senso delle “bugie incatenate” che stanno dietro ad un rapporto di coppia malato (Laura sembra sapere da sempre che Ramon è “pazzo”). Nonostante ciò, la cosa che affascina è la chimica speciale e sottilmente erotica che nasce, poco a poco, tra la psicologa e Ramon, un clima di inquietudine, di incantamento che stordiscono lo spettatore, giocatore esterno di questo gioco al massacro (tante pellicole hanno come base filmica la cosiddetta “sindrome di Stoccolma”, i lacci emozionali che legano il sequestrato al sequestratore). La cineasta, al suo secondo lungometraggio, dopo un passato da attrice, pare rifarsi, senza troppi imbarazzi, agli stilemi filmici del Polanski più spietato (Luna di fiele, o meglio L’inquilino del terzo piano e La morte e la fanciulla), ma strizzando l’occhio anche ai mystery su falso innocente/falso colpevole come I soliti sospetti, avendo la fortuna di lavorare con un attore di bravura eccelsa, come l’argentino Dario Grandinetti, già indimenticabile in Parla con lei di Almodovar.

di Vincenzo Mazzaccaro