Chissà cosa deve aver spinto il maestro del cinema d’animazione Hayao Miyazaki ad investire tempo e denaro in un progetto così ambizioso e complesso come Hauru no ugoku shiroin Italia Il castello errante di Howl tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice Dianne Wynne Jones. L’autore del plurilodato La città incantata, Orso d’oro a Berlino, si tuffa nel mondo delle fiabe con maghi e stregoni, castelli fatati e spiriti: sullo sfondo però, si agitano le ombre di guerre e devastazioni soffocate e sfumate con un inno alla pace e all’amore. Il film presenta alcuni aspetti connessi alle tematiche da lui prescelte, e le affronta con uno sguardo rivolto alla contemporaneità: l’adolescenza contrapposta alla vecchiaia come capacità di maturare i sentimenti, in particolare l’amore inteso in senso universale. Come per i lungometraggi precedenti anche qui troviamo alcune figure affascinanti che acquistano una poeticità e un romanticismo proprio della narrativa fiabesca di stampo mondiale: il personaggio di Rapa ad esempio, spaventapasseri guida, rimanda certamente alle avventure descritte dall’americano Frank L. Baum ne Il mago di Ozintessuto di spiritualismi e di continui riferimenti al simbolismo. Il castello di Howl è il famoso carrozzone tipico del teatro itinerante al cui interno può accadere di tutto: la magia della scena con porte che si aprono e chiudono per condurre verso altri mondi, i travestimenti e le maschere sinonimo di multipla identità e della realtà-finzione e via dicendo.

La protagonista Sophie, diciottenne impiegata presso il negozio di cappelli, trasformata in vecchia dalla Strega delle Lande Desolate per invidia, ricorda la bambina di Anna dai capelli rossi nei tratti, ma in realtà è un omaggio alla moglie di Miyazaki. Nel suo universo la fantasia, i sortilegi e il fantastico sono il pretesto per sviscerare dinamiche narrative importanti e profonde: il rapporto città/campagna e di conseguenza il richiamo della natura contro le minacce industriali e lo spettro di un conflitto pronto a sconvolgere l’ordine e il desiderio di libertà-fuga, espresso nella sua autentica ossessione per il volo. C’è da dire comunque che l’opera ha suscitato tra la critica anche pareri contrastanti tanto da non poterla accostare al precedente imbevuto di una dimensione magica e velatamente malinconica: come dimenticare il viaggio della bambina in treno metafora del tramonto della vita? Il papà di Lupin Sherlock Holmes e Conanstupisce sempre di più per la capacità inventiva, basti pensare agli attacchi dei soldati a bordo di aereonavi, la danza sulle nuvole nella parte iniziale, i mostri generati dalla spazzatura, inguainati in eleganti costumi con tanto di cilindro per cappello, il fuoco parlante e lo stesso castello mobile dall’aspetto pachidermico, quasi un dinosauro meccanico. Novelle sulla meraviglia, mondi incontaminati, inesplorati dove regna la serenità e il rispetto per ogni forma di vita con protagonisti giovani adolescenti impelagati in avventure dal sapore picaresco accompagnati dalle melodie lievi e briose salutate da incoraggianti lieto fine.

di Ilario Pieri