Le regole sociali che sono alla base della cultura brasiliana fin dai tempi del colonialismo sono al centro del film E’ Arrivata mia figlia! di Anna Muylaert, nelle sale dal 4 giugno, magnificamente interpretato da Regina Casé. La cinquantenne regista ha voluto mostrare al mondo un sistema che continua a influenzare l’architettura emotiva delle persone del suo Paese attraverso una gustosa e intelligente commedia che mostra, con apparente leggerezza, tra molte risate e momenti di commozione, uno spaccato di vita quotidiana di una ricca famiglia di San Paolo.

Val, perfetta e apprezzata governante tuttofare di mezza età, vive e lavora lì da anni, lontana dalla sua famiglia, accudendo con l’amore di una madre il figlio dei suoi datori di lavoro fin da quando era in fasce. Dopo tredici anni sua figlia Jessica si presenta improvvisamente in quella villa hollywoodiana e affronta sua madre criticandone l’atteggiamento succube verso i padroni di casa, lasciando tutti spiazzati dal suo comportamento anticonformista. Ne parla la regista, a Roma per presentare il film.

Quanto era importante per lei raccontare questa storia?
Ho iniziato a scrivere la sceneggiatura vent’anni fa quando ho avuto il mio primo figlio e mi sono resa conto di quanto il compito di accudirlo sia denigrato dalla cultura brasiliana. Nel mio ambiente sociale le donne considerano noioso e faticoso crescere un figlio, perciò assumono una bambinaia a tempo pieno, che a sua volta spesso deve affidare il proprio figlio a qualcun altro. Questo paradosso sociale è uno dei più significativi in Brasile, dal momento che sono sempre i bambini a soffrirne.

Che domande si è posta scrivendo la sceneggiatura?
C’è un problema cruciale nel fondamento della nostra società: l’educazione. È davvero possibile allevare un figlio senza affetto? L’affetto può essere comprato? E, se sì, a quale prezzo?

Si potrebbe definire un film sociale?
Non solo. Il suo approccio diretto non intende né giudicare né esaltare i personaggi, vuole semplicemente mostrare la nuda verità. La sua struttura drammatica è asciutta, quasi algebrica. Inizia con la descrizione delle consuetudini e delle regole che governano i rapporti affettivi e sociali in una famiglia di ceto superiore a San Paolo. Poi l’attenzione si sposta su Jessica, la figlia della governante, che irrompe nel contesto domestico del tutto inconsapevole delle regole della casa e di conseguenza finisce con il valicare alcune linee di demarcazione e con l’occupare spazi che non le spetterebbero. Ovviamente viene “rimessa al suo posto”, solo che quel “posto” non esiste più.

Jessica è una ragazza moderna
Invece di ritrarla con il cliché della ragazza sventurata e mansueta l’ho dotata di una personalità energica e le ho dato la nobiltà e la forza per opporsi alle convenzioni sociali separatiste, che sono un ritorno al passato coloniale. E’ piena di curiosità e di forza di volontà e pretende quello che le spetta, i suoi diritti civili.

Come ha scelto il finale della storia?
Ho deciso di iniettare un po’ di speranza nel personaggio di Val. Mentre studiavo come farlo, evitando che il film scivolasse verso un falso happy end, il popolo brasiliano ha eletto un presidente del Partito dei Lavoratori e le cose sono iniziate a cambiare. Sono stati introdotti degli emendamenti alla legge sul lavoro che hanno praticamente debellato la manodopera domestica convivente.